Intervento giudice

Dato che non sempre la presenza di contrasti può comportare il ricorso a questi rimedi, il legislatore ha introdotto la possibilità di un intervento del giudice, tenuto non solo a dirimere i contrasti sugli affari essenziali della famiglia, ma anche a tutelare i figli.

In caso di contrasto su questioni di particolare importanza, ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice che, sentiti i genitori ed il figlio, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel caso specifico, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio (art. 316).

 Alimenti

Gli alimenti sono oggetto di un’obbligazione che si contrae con il vincolo di parentela tra alimentante e alimentando. Tale obbligazione, a cui sono tenuti i parenti secondo l’ordine indicato dall’art. 433, presenta due principali connotati:

  • occorre che l’alimentando sia in stato di bisogno e non possa badare da sé al proprio mantenimento.
  • occorre che l’alimentante abbia i mezzi e sia quindi in grado di mantenere l’alimentando.

L’espressione alimenti indica non solo il contribuito a soddisfare i bisogni essenziali, di natura alimentare, ma anche quelli relativi all’alloggio.

Dato che l’obbligazione alimentare è strettamente personale, essa deve essere direttamente compiuta dall’alimentando, senza che possa essere ceduta o eseguita da terzi, non può costituire mezzo di soddisfazione dei creditori e non può essere estinta per compensazione.

Dagli alimenti si distingue l’obbligo al mantenimento che comprende la soddisfazione di tutti quei bisogni materiali direttamente commisurati alla posizione sociale dell’obbligato. Per la sua commisurazione quindi, a differenza del caso precedente, si deve tener conto delle possibilità dell’alimentante.

 Affidamento dei figli

Nel caso in cui la vita coniugale risulti essere in crisi (es. divorzio, separazione o nullità del matrimonio), il giudice deve assumere provvedimenti riguardo ai figli. Prima dell’approvazione della legge n. 54 del 2006, la disciplina prevedeva che il giudice, relativamente all’affidamento dei figli, potesse ricorrere a tre modalità:

  • affidamento esclusivo, che consiste nella completa sottrazione di uno dei genitori dai suoi doveri educativi e formativi.

Nei confronti di questo tipo di affidamento la psicologia prima e il diritto poi hanno manifestato pesante insofferenza, dato che non si capiva il perché uno dei due genitori avrebbe dovuto perdere l’affidamento della prole. Tale affidamento, infatti, prevedeva che tutti gli atti venissero compiuti dal coniuge affidatario, a discapito dell’altro che veniva completamente escluso dall’esercizio della potestà.

  • affidamento congiunto, che è stato introdotto dalla Convenzione delle NU del 1989. Tale convenzione, infatti, ha inciso fortemente sulla nostra disciplina relativa ai minori, in quanto ha sancito il diritto alla co-genitorialità, ovvero all’integrità delle relazioni parentali.
  • affidamento alternato.

 Con la riforma del 2006, il legislatore, ferme restando le necessità della prole, ha abbracciato un nuovo modello, quello dell’affidamento condiviso. Questo modello, ripartendo il tempo da passare con i genitori, assicura la pariteticità del ruolo genitoriale di entrambi i coniugi: la differenza con l’affidamento esclusivo, infatti, sta nel garantire ai figli un rapporto equilibrato e condiviso con i due genitori, dal punto di vista non solo personale, ma anche patrimoniale, in quanto ciascun genitore mantiene direttamente il figlio, ovvero realizza in prima persona i suoi interessi. Il giudice comunque, sia su richiesta che d’ufficio, può affidare l’ordinaria amministrazione ad uno solo dei genitori.

Uno degli obiettivi raggiunti da questa riforma consiste nell’aver soffocato quella prassi secondo cui i figli divenivano un mero strumento per ottenere dei vantaggi economici. Attualmente, invece, l’affidamento condiviso è la regola, mentre quello esclusivo rappresenta l’eccezione, per attuare la quale vi è onere di giustificazione da parte del giudice, che è anche tenuto a colpire duramente quel genitore che, utilizzando i figli in maniera strumentale, domanda l’affidamento esclusivo (art. 155 bis).

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