La concorrenza opera mediante tre fattori:
- prezzo.
- capacitĂ produttiva ed investimenti.
- innovazione.
Per mantenere una sana concorrenza è necessario che il mercato non sia inquinato da elementi che favoriscono certe imprese rispetto ad altre, di conseguenza ogni mercato ha bisogno di regole proprie.
 La cultura della concorrenza non faceva parte della formazione dei nostri Padri costituenti, motivo per cui non viene inserita nella Carta del 1948. L’Italia, al contrario, da quando è entrata a far porte della Comunità economica europea, si è dovuta confrontare con questa realtà ed ha dovuto adottare la cosiddetta disciplina antitrust, ovvero quel complesso di regole rivolte ad assicurare la concorrenza e ad impedire i cartelli, ovvero gli accordi tra gli operatori in ordine ai prezzi da praticare al pubblico dei consumatori o in ordine alla distribuzione dei prodotti.
Il diritto comunitario della concorrenza si fonda sul principio della spontaneità , ovvero della parità di posizioni di partenza tra le imprese. Tale principio implica l’assenza di aiuti da parte degli Stati, che, al contrario, impedirebbero il sussistere di una concorrenza effettiva.
 Come detto in precedenza, la Comunità europea ha adottato la disciplina antitrust, che ha come obiettivo principale quello di porre limiti in tre diverse ipotesi:
- accordi e intese: gli accordi sono le decisioni di associazione tra imprese e le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto quello di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune. Le intese, al contrario, sono accordi fra imprese che giovano ad esse a discapito dei concorrenti e dei consumatori.
L’art. 81 del Trattato CE presenta anche dei casi di esenzione da tali regolamentazioni per alcune categorie di imprese o per alcuni accordi e, nel suo terzo comma, abbraccia il cosiddetto principio de minimis, ovvero quel principio per cui, sebbene in determinate situazioni non sussistano i requisiti per tale esenzione, non saranno annullati gli accordi di importanza minore, caratterizzati da un’incidenza trascurabile sulla concorrenza nel mercato comune.
- abuso di posizione dominante: l’art. 82 del Trattato CE vieta lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte rilevante di esso, qualora possa pregiudicare il commercio tra gli Stati membri. Il trattato non contempla in nessun modo esenzioni in deroga a tale divieto.
Ad oggi il regolamento n. 1 del 2003 prevede che possa essere rimessa esclusivamente alla Commissione la scelta di pronunciarsi sull’inapplicabilità del divieto.
- concentrazione delle imprese tale da non garantire una pluralità di offerta ai consumatori: questo tema, non contemplato dal Trattato CE, è stato introdotto dalla giurisprudenza che, ai fini della concorrenza, ha riconosciute rilevanti tali ipotesi.
 Questa normativa, come detto, è stata organizzata all’interno del Trattato CE, nel quale le disposizioni cardine sono:
- art. 3: viene affidato alle autoritĂ comunitarie il controllo degli accordi e delle pratiche concordate la cui rilevanza non sia confinata al singolo mercato domestico, ma sia extrastatuale.
- art. 83: spetta al Consiglio dei ministri della UE dare attuazione agli artt. 81 ed 82, che si occupano delle regole sostanziali della concorrenza e che sono direttamente applicabili agli imprenditori.
 Disciplina della concorrenza nel nostro Codice Civile
Il nostro Codice civile si preoccupa di vietare gli atti di concorrenza sleale (art. 2598):
- utilizzo improprio di nomi o segni distintivi, tale da produrre confusione con i nomi o con i segni utilizzati da altri.
- diffusione di notizie ed apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, tali da determinarne il suo discredito.
- uso di mezzi non conformi ai principi della correttezza professionale, tali da danneggiare l’azienda altrui.