Le obbligazioni pecuniarie costituiscono la più importante specie di obbligazioni. L’importanza e la centralità di tale obbligazione dipende dalla peculiarità e normalità del suo oggetto consistente in una somma di denaro. L’economia è caratterizzata dal fatto che tutti i rapporti si sviluppano e trovano compimento attraverso il denaro. Esso svolge la sua funzione quale mezzo legale di pagamento generalmente riconosciuto, e nello stesso tempo unità di conto idonea a consentire quale mezzo di scambio di tutti i valori la valutazione e l’apprezzamento economico dei beni e delle prestazioni di lavoro e di servizi. Al denaro sono assegnate altre funzioni fondamentali: quella di mezzo di acquisto, di conservazione di valori economici, d’acquisto o di scambio. Il denaro è inoltre una creazione dello Stato e va distinto dal contante e dalla moneta scritturale che consiste nella cosiddett liquidità monetaria. Il principio guida, che il legislatore pone a presupposto della disciplina delle obbligazioni pecuniarie, è il principio nominalistico, in base al quale il debitore pecuniario si libera del proprio debito col pagamento della moneta avente corso legale nello Stato (art. 1277). Al valore nominale si contrappone il concreto potere d’acquisto della moneta. Il principio secondo il quale il debitore si libera con il pagamento della moneta avente corso legale, comporta che al creditore è precluso di rifiutare tale pagamento. La perdita nel tempo del potere d’acquisto della moneta è denominata inflazione, l’aumento deflazione. Il primo fenomeno contrassegna in modo più o meno incisivo la vita economica di ogni paese, il secondo è raro e comunque temporaneo. È diffusa per tanto l’utilizzazione di strumenti contrattuali o legali quali le clausole contrattuali monetarie con le quali è consentito aggiornare l’ammontare delle somme di denaro oggetto dell’obbligazione pecuniaria alle modificazioni del potere d’acquisto di moneta.
Nell’ambito del debito pecuniario, accanto al debito di valuta si distingue il debito di valore. Nel primo caso oggetto della prestazione è una somma di denaro, nel debito di valore il debitore è obbligato a pagare una somma di denaro pari nel suo ammontare al valore di un altro bene. È un debito di valore ad es. il debito risarcitorio. Il debito di valore diviene debito di valuta solo con la liquidazione del danno, con la conseguenza quindi che se la liquidazione avviene a distanza di tempo, il valore che verrà preso in considerazione e liquidato non è quello del momento del danno, ma quello del momento della liquidazione del danno.
L’obbligazione di pagare una somma di denaro viene considerata obbligazione di cose fungibili, perché il debito pecuniario consiste nell’attribuzione di unità monetarie assolutamente astratte la cui prima caratteristica è data dall’assoluta identità e fungibilità di tutte le unità monetarie presenti e future. L’obbligazione pecuniaria inoltre, comporta la produzione di interessi. Il debitore dovrà pagare oltre alla somma dovuta anche ulteriori interessi prodottisi dal momento in cui il debito è divenuto liquido ed esigibile. La liquidità si verifica nel momento in cui la somma di denaro viene ad essere determinata nel suo ammontare. L’esigibilità consiste nell’essersi verificata la scadenza del credito pecuniario. Dal momento in cui il debito pecuniario è liquido ed esigibile, produce interessi di pieno reddito secondo il tasso prescritto dalla legge (2,5% l’anno). L’avere a disposizione una somma di denaro si accompagna dunque ad un cosiddett vantaggio economico di liquidità che deve essere remunerata dal debitore nella misura almeno degli interessi legali. Le parti possono determinare convenzionalmente il tasso degli interessi in misura maggiore o minore a quello legale: è quanto accade ad es. nel mutuo oneroso. La convenzione sugli interessi è libera dall’osservanza di forma solo se la misura pattuita è inferiore o pari a quella degli interessi legali, se è superiore è valida solo se è stata pattuita per iscritto. Si definiscono interessi moratori quelli dovuti dal debitore per il ritardo nel pagamento. Questi sono pari agli interessi legali indipendentemente dalla prova del debitore di aver sofferto alcun danno. Quest’ultima regola costituisce una peculiarità delle obbligazioni pecuniarie. La ragione di questo particolare regime di liquidazione del danno risiede in due ragioni di carattere pratico ed economico:
a) avere la disposizione di una somma di denaro comporta per chi la detiene un vantaggio che ha un valore economico; gli interessi moratori svolgono la funzione di equilibrare in modo forfettario la perdita potenziale subita dal creditore per non aver potuto godere alla scadenza del debito di tale liquidità;
b) se anche per le obbligazioni pecuniarie fosse necessario che il creditore desse la prova dello specifico danno subito dal ritardo, si avrebbero conseguenze inaccettabili sul piano dell’efficacia ed efficienza della legge e del sistema giuridico e quindi della stessa civiltà giuridica.
La legge consente al creditore di poter richiedere anche l’eventuale ulteriore danno e cioè ulteriore, rispetto agli interessi moratori cui ha già diritto. In questo caso il creditore ha l’onere però di dimostrare specificatamente questo ulteriore danno subito.
Si parla di interessi compensativi o corrispettivi che decorrono anche se il credito non è ancora esigibile se la cosa è stata già consegnata ed è produttiva di frutti o altri proventi ma il credito per il prezzo non è ancora scaduto. Gli interessi vengono fatti decorrere fin dal momento in cui si è verificato il fatto dannoso. Si parla di anatocismo ( produzione degli interessi sugli interessi, oppure interessi composti) con riguardo alla possibilità che gli interessi già scaduti, possano a loro volta produrre ulteriori interessi. La legge tende a limitare questa possibilità. La stessa norma però consente di derogare a questi restrittivi principi in caso di usi contrari, che riscontriamo ampiamente riconosciuti in materia bancaria. Tale principio anatocistico troverebbe applicazione anche a favore del cliente della banca per le somme depositate sul conto. A tale riguardo si osserva che nei rapporti con le banche solitamente mentre la capitalizzazione degli interessi dovuti dalla banca al cliente è annuale, quella degli interessi dovuti dal cliente alla banca è trimestrale. In realtà sui depositi bancari che il cliente depositante ha in essere presso la banca, non si verifica alcun anatocismo in senso proprio. Il fenomeno dell’anatocismo investe più propriamente le modalità e le regole della formazione del credito accessorio degli interessi, e cioè, la possibilità che alle somme dovute per interessi corrispettivi o moratori scaduti possano essere aggiunti e sommati ulteriori interessi prodotti o comunque calcolati sugli interessi scaduti. Un es. di anatocismo a favore del cliente si verifica nei depositi vincolati, nei quali il depositante è obbligato a non ritirare la somma depositata per un certo numero ad es. di anni. Tornando all’anatocismo si deve avvertire che dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi praticata dalle banche. Il tema degli interessi usurai non è direttamente trattato nella sezione delle obbligazioni pecuniarie anzi l’attenzione del legislatore è piuttosto recente in quanto, solo con il vigente codice penale venne previsto il diritto di usura. L’art. 1815 comma 2 dettato in materia di mutuo stabilisce che “se sono convenuti interessi usurai, la clausola è nulla e non dovuti gli interessi”. Una compiuta definizione dell’usura non è contenuta nel nostro ordinamento e la giurisprudenza in passato aveva per lo più ritenuto che gli interessi usurai andassero identificati sulla base del riferimento alla fattispecie penalistica e che, dunque, potessero essere ritenute nulle colo quelle convenzioni in cui il mutuante avesse approfittato dello stato di bisogno del mutuatario.
Il legislatore ha da ultimo introdotto una globale disciplina di repressione del fenomeno dell’usura, è stata modificata la disciplina penale e stabilito un sistema di identificazione da parte del Ministero del Tesoro del limite numerico oltre il quale gli interessi sono considerati usurai. La somma di denaro oggetto dell’obbligazione pecuniaria può consistere anche in moneta estera giuridicamente definita moneta non avente corso legale nello Stato. In questo caso il debitore è obbligato a pagare alla scadenza con quella moneta solo se è stato così esplicitamente pattuito, altrimenti ha la facoltà di estinguere il debito in moneta avente corso legale nello Stato.