La parola stato deriva da stasis: immobilità derivante da lotta simmetrica tra concorrenti, specie potere e inimicizia. Per il prof Resta i dibattiti sulla costituzione sono prigionieri di questa riduzione e ci può esser quindi un modo diverso di pensare l’Europa e costruirsi un diverso presente costituzionale. Una soluzione sarebbe allora quella di prendere distanza dalla tradizione di teoria politica dello stato moderno ma anche in riportare in auge un processo di comunità politica suggerito comunque dall’Europa: d’altronde l’esperienza U.E. nasce come erede della tradizione cosmopolita e dell’illuminismo che se ne faceva portavoce. Fondare quindi leggi senza fondamenti metafisici ma solo come risultato di un puro convenzionalismo, fondandosi quindi un diritto da giurare insieme che dia forma a un demos, ciò a seguito di un processo di com-posizione a seguito di un patto di convivenza figlio di ragione artificiale. Si sa che il limite della sovranità era il meccanismo dei diritti in quanto soglia indisponibile per il sovrano e giustificazione per il suo potere d’azione. Allora ecco i 2 nodi fondamentali per la costituzione europea: il primo è quello della legge fondamentale come ragione artificiale e il secondo quello dei diritti individuali che vivono indipendentemente e opposti alle le costruzioni statuali. In particolare la tutela dei diritti è la ragione per cui si giustifica la forma politica europea: i diritti fondamentali sono allora il principio e fine dell’Unione Europea, più che la ragione artificiale.
Nel meccanismo di auto definizione inerente il processo costituente occorre considerare tanto una legittimazione politica attraverso una carta dei diritti fondamentali quanto una forma organizzativa del sistema istituzionale U.E. in cui i diritti dipendevano dalle forme del potere (i diritti nelle costituzioni dei vari stati U.E. erano i costi del potere). Nella concezione moderna i diritti non son solo limiti del potere ma vincolano a azioni comuni e realizzando non inimicizia ma condivisione. Creare allora una sfera pubblica europea vuol dire creare un terreno comune in cui ci si possa riconoscere nella ragione artificiale dei diritti rispettando le differenze etniche sessuali ecc. e non cercando un universalismo che in questo caso dividerebbe. In base a tale ragionamento allorala Costituzione Europeasarebbe già la carta fondamentale dei diritti piuttosto che un organizzazione-distribuzione di poteri. Tuttavia la regolamentazione dei poteri ecc, sebbene non sia la sola ragione dello stato, non va certamente sottovalutata. Il sociologo Weber sosteneva che non c’è una costituzione senza stato e quindi lo stato sarebbe la razionalizzazione del potere: quindi ogni potere forte sarebbe il vero fondamento della democrazia, ma il binomio Stato/Costituzione non è biunivoco nè l’unico indissolubile dei sistemi politici occidentali: lo Stato costituzionale ci porta a capire che ogni stato democratico deve aver una costituzione ma non per forza ogni volta che c’è una costituzione ci deve esser Stato. Quindi riprendendo il precedente discorso se i diritti fondamentali sono il riconoscimento della sfera pubblica, le corti di giustizia europea sono i centri dove si articola la democrazia. L’Europa è quindi uno stato di natura pacifico e ciò porta a definire l’Europa uno stato in via d’istituzionalizzazione grazie alla pace.
L’identità rimane comunque un’ossessione nella forma politica europea: ciò è una condizione umana che si materializza ogniqualvolta non ci si possa riferire a un io centrale ossia un soggetto referente e destinatario. Il nome Europa stesso è nato da un’identità per differenziarsi dal nemico alle porte. D’altronde Europa era una ninfa fenicia portata a creta da Zeus dopo averla rapita: la natura violenta del rapimento è compensata dall’origine divina del gesto. Ma l’identità europea per il prof Resta è anche il prezzo di una separazione: ciò avviene ad es. quando si rappresenta l’Europa come una fortezza occidentale opposta all’oriente. Bisognerebbe trovare un’altra identità: magari proprio quella scritta sulla “Carta dei diritti”.