A questo punto non si può non rilevare che sta riprendendo vigore una concezione della legge come impulso all’autonomia: ad esempio la legge quadro sul pubblico impiego ha attribuito alla figura dell’accordo tra governo e sindacato la competenza a disciplinare significativi aspetti, prevedendo come condizione per l’inizio delle procedure contrattuali e la partecipazione ad esse che le organizzazioni sindacali avessero adottato codici di autoregolamentazione del diritto di sciopero, tali da garantire la continuità delle prestazioni indispensabili.
Nel diritto processuale poi, con l’accentuato rilievo conferito al tentativo obbligatorio di conciliazione, esteso dal giudice di pace sino al giudice istruttore monocratico, che sembra a fermarsi il principio della ricerca preliminare della autocomposizione della lite.
Questo spinge a riflettere sulla natura stessa della giurisdizione, considerato che quando le parti in lite rivolgono ad un terzo perché giudichi, sostanzialmente gli chiedono di ascoltare le ragioni di ciascuna di esse e di fare ciò che non era loro riuscito: discernere dialetticamente quanto fra di esse vi sia di comune e quanto di diverso, affinché a ciascuna venga riconosciuto il suo.
Il discorso sull’autonomia non si può chiudere senza una riflessione su quella che rappresenta la principale novità giuridica del nostro tempo.
L’affermazione perentoria dell’obiettivo di portare avanti il processo di creazione di una unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini, ha riproposto la concezione dell’ordinamento giuridico come processo da attuarsi il più vicino possibile a coloro le cui relazioni devono essere regolamentate.
In questa prospettiva il trattato di Amsterdam ha ribadito che la comunità leggi era soltanto per quanto necessario, quando gli obiettivi dell’azione proposta possono essere meglio conseguiti mediante la sua azione e legifera preferibilmente mediante direttive.
È ben vero che tutte queste disposizioni definiscono le competenze della comunità, questa definizione viene data sulla base di un principio generale del diritto, il principio di sussidiarietà, per il quale l’intervento dell’istituzione maggiore è giustificato soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione proposta non possono essere sufficientemente realizzati dall’istituzione minore.
Fonte dell’obbligatorietà delle norme è dunque l’autonomia personale che costituisce inconfutabilmente la specificità dell’essere umano.