Il ricorrente può chiedere nel ricorso o con atto separato, la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato; ad es. se viene impugnato un avviso di accertamento, nel ricorso ne può essere chiesta la sospensione per impedire che l’amministrazione proceda ad iscrizioni a ruolo; se viene impugnato il ruolo, il ricorrente ne può chiedere la sospensione per impedire l’esecuzione forzata. La sospensione può riguardare qualunque contenuto dell’atto impugnato: imposta, interessi, sanzioni. Per ottenere la sospensione, debbono sussistere due presupposti:
a) il fumus boni iuris (la probabile fondatezza del ricorso);
b) il periculum in mora (pericolo di danno irreparabile).
Circa la natura del danno, nulla è stabilito: di solito, si tratta di danno patrimoniale, ma non è da escludere che l’azione della finanza possa provocare danni morali. La sospensione è dunque accordata dal collegio, il quale decide in camera di consiglio dopo aver sentito le parti e dopo aver delibato il merito; la pronuncia ha la forma dell’ordinanza, deve essere motivata, e non è impugnabile. La sospensione può essere anche parziale; inoltre, la sospensione può essere subordinata alla prestazione di idonea garanzia.
Gli effetti della sospensione cessano con la pubblicazione della decisione di primo grado; pubblicata la sentenza, diviene operante la norma sulla riscossione collegata ad essa. Il provvedimento che respinge la domanda di sospensione non può essere appellato, ne alla commissione regionale si può chiedere di sospendere l’esecuzione del provvedimento amministrativo, dopo che si è pronunciato il giudice di primo grado. In deroga a ciò, la commissione tributaria regionale può sospendere l’esecuzione delle sanzioni.