La riforma delle misure penali
Consideriamo le norme penali riguardanti le imposte dirette e l’imposta sul valore aggiunto.
A) La legge del 1929 conteneva il cosiddetto principio di fissità, non potevano essere abrogate o modificate da leggi posteriori concernenti i singoli tributi, se non per dichiarazione espressa dal legislatore con specifico riferimento alle singole disposizioni abrogate o modificate. La riforma del 1982 lo ha soppresso.
B) Altro importante principio della legge del 1929 abolito nel 1982 è la cosiddetta pregiudiziale tributaria; il principio, cioè, previsto per le imposte dirette dalla legge del 1929 ed esteso all’Iva dal decreto istitutivo di tale ultima imposta, per cui l’azione penale non può aver corso se non quando è divenuto definitivo l’accertamento del tributo. Si constatò che tale principio aveva reso praticamente inoperante l’efficacia intimidatoria delle sanzioni penali poiché, data la lungaggine del processo tributario, l’azione penale poteva avere inizio solo a distanza di molto tempo dalla comunicazione del fatto illecito. Per abolire la pregiudiziale sono state infatti modificate le norme incriminatrici, le quali ora, prevalentemente non puniscono l’evasione (ossia l’omessa, incompleta o infedele dichiarazione) ma la commissione di fatti prodromici o strumentali all’evasione o altri fatti il cui accertamento non implica la risoluzione di questioni estimative.
Principi generali
Il diritto penale tributario segue le regole generali del diritto penale comune. Vi sono però principi e norme particolari che vanno qui ricordati:
A) Una prima deroga alle norme penali comuni concerne la successione di leggi penali finanziarie. Secondo il codice penale in caso di successione di leggi penali nel tempo si applica la legge successiva se più favorevole al reo; tale legge, cioè è retroattiva, se più favorevole di quella vigente quando fu commesso il fatto. La retroattività della legge più favorevole al reo non vale in materia penale tributaria.
B) Secondo un principio generale del diritto penale, nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale. Accogliendo gli auspici di larga parte della dottrina, la Corte Costituzionale ha limitato la portata dell’art. 5 c.p., statuendone l’incostituzionalità nella parte in cui non esclude dall’inescusabilità della legge penale l’ignoranza inevitabile. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale, l’art. 5 c.p. va letto così: “l’ignoranza della legge penale non scusa tranne che si tratti di ignoranza inevitabile”. L’errore per escludere la punibilità dev’essere un errore sulla norma e deve aver cagionato un errore sul fatto.
C) In materia di concorso di reati, la legge penaltributaria del 1929 reca una norma particolare, che diverge dalla disciplina del codice penale. Tale norma dispone innanzitutto che “per ogni violazione di legge si applica la relativa sanzione”; il che significa che le pene si sommano (cumulo materiale), in presenza di concorso omogeneo (violazione della stessa disposizione); il codice penale, invece, prevede il cumulo giuridico delle pene. La legge penaltributaria prevede, poi, delle attenuazioni “nel caso di violazioni commesse anche in tempi diversi in esecuzione della medesima risoluzione, la sanzione può essere applicata una sola volta”.
D) In materia di prescrizione, la legge del 1982 deroga al codice penale prevedendo una prescrizione di 7 anni per la contravvenzione di omessa dichiarazione e di 6 anni per gli altri reati contravvenzionali; pure di 6 anni è la prescrizione per i delitti.