Il sistema delle quaestiones perpetuae fissato dalle leggi giulie subì la concorrenza di un nuovo tipo di procedimento criminale, più conforme al nuovo assetto politico-costituzionale dello Stato. Le corti di giustizia permanenti non potevano incontrare il favore del nuovo regime per un insieme di ragioni:
→ il compito di giudicare era attribuito a privati cittadini
→ le liste erano troppo ampie per consentire una rigorosa selezione dei giudici
→ il modo di composizione dei collegi precludeva ogni possibilità di controllo da parte del principe
Il privato che voleva rendersi accusatore per un fatto nuovo, degno di repressione, non poteva sperimentare l’accusa dinanzi a una quaestio, perché ogni tribunale era competente solo per le fattispecie previste dalle singole leggi istitutive.
Notevoli inconvenienti derivavano anche dall’impossibilità di sottoporre al giudizio di una stessa corte i casi di concorso di persone o di reati di graduare la pena in rapporto alle circostanze soggettive e oggettive delle varie ipotesi criminose.
Infine il livello intellettuale dei giudici lasciava spesso a desiderare. Le persone più autorevoli per posizione politica o per rango sociale preferivano gli uffici imperiali all’oscuro lavoro delle decurie: non di rado alla funzione giudiziaria erano chiamate persone che non avevano la possibilità di aspirare alle alte cariche dello Stato ed erano prive delle doti necessarie per ricoprire una funzione così delicata. Inoltre, non si trattava di cittadini dell’urbe, ma di ricchi possidenti del contado, per i quali il soggiorno nella capitale aveva una particolare attrattiva.
Ciò portò ad un lento declino dei tribunali ordinari, mentre l’affermarsi della figura del princeps apriva la strada ad una sempre più larga e decisa ingerenza del potere imperiale nella sfera della repressione criminale.
Le corti di giustizia permanenti cedettero il campo ad un nuovo procedimento, senza partecipazione di giurati, in cui l’intera questione era affidata all’imperatore o ad un suo delegato, investito in modo completo del giudizio, dalla sua introduzione alla sua decisione. Tale procedimento, definito cognitio extra ordinem, sorgeva e si sviluppava al di fuori del sistema processuale e criminale, ed era quindi privo dei vincoli e delle restrizioni formali della giurisdizione ordinaria. Venne in un primo tempo ad affiancarsi, poi a sostituirsi al procedimento delle quaestiones, dando luogo alla formazione di un diritto criminale straordinario che doveva soppiantare l’antico regime dei reati e delle pene.