L’ordinamento romano è un sistema aperto di diritto giurisprudenziale fin dalle origini, caratterizzato dall’esistenza di uno specifico ceto di persone cui era demandato il compito di elaborare il diritto esistente: in epoca più antica tale carica era rivestita dal rex (re). In seguito fu demandato al collegio dei pontifices i quali rivestivano anche le alte cariche religiose.
In tale periodo le regole giuridiche vigenti in Roma erano istituite in base ad una natura consuetudinaria.
I mores (usi) quindi sono il mezzo in cui si manifesta il ius civile, cioè l’ordinamento che regola i rapporti sociali ed economici.
I pontifices come detto erano gli interpreti di questo ordinamento, nel senso che mediavano tra tale ordinamento e la società basando la loro produzione su casi concreti, dando così ai giudici, ai magistrati e ai privati la loro interpretazione della legge caso per caso.
Tali pronunciazioni, costituivano così dei precedenti ai quali il giudice era tenuto a prendere in considerazione durante la sua attività adattandoli e/o modificandoli di volta in volta ai vari casi che gli si presentavano; anche se in quel periodo non molti cambiamenti o modifiche vennero fatte a tali interpretazioni, per il fatto che non se ne era avuta esigenza perché la società romana dell’epoca non era assai sviluppata.
Già dall’inizio della repubblica, nella prima metà del V secolo a.c. , l’interpretazione dei pontifices, venne affiancata dalle leges rogate. Le leges rogare erano provvedimenti dell’assemblea popolare (comitia centuriata) formata dal patriziato laico e servivano per modificare dei provvedimenti gia esistenti.
Anche le XII Tavole (450 a.c.) sono state redatte sotto forma di lex rogata deliberata dall’assemblea popolare, anche se la funzione delle XII Tavole era ben diversa dalle leges rogate.
Le XII Tavole, avevano come oggetto principale i rapporti del diritto privato. Nelle XII Tavole erano state versate le memorizzazioni delle pronunce dei pontifices conservate negli archivi del collegio. Tale codificazione quindi si limitava a elencare quello che fino ad allora era stato prodotto nell’ambito dell’ordinamento romano.
V’erano poi alcuni settori dell’esperienza giuridica che non erano mai stati oggetto di pronunce da parte dei pontifices, questi aspetti riguardano per la maggior parte gli istituti giuridici e la qualificazione di questi. Infatti le prescrizioni delle XII Tavole riguardano in maggioranza norme di relazione che regolamentano i conflitti di interesse. Si può dire quindi che le XII Tavole non possono essere considerate come una codificazione in senso moderno, esse infatti contenevano più che altro di decisioni in merito a casi concreti che potevano, all’occorrenza, essere adattate ad un nuovo caso o sostituite a seconda dello sviluppo del costume. Infatti anche dopo il450 a.c. i pontifices continuarono nella loro attività di interpreti senza sentirsi limitati nel loro operato dalle regole contenute nelle Tavole.
Alle leges rogate, vennero progressivamente affiancandosi i plebiscita, presi nei concilia plebis tributa, organizzazione di origine rivoluzionaria che comprendeva la plebe la quale era stata esclusa dalle magistrature cittadine, monopolio della nobiltà patrizia.
Buona parte delle riforme sul piano del diritto privato sono state introdotte da plebiscita, le quali vennero poi chiamate lex. Tali lex non furono mai utilizzate per creare nuovi istituti, ma solo per modificare quelli pre-esistenti.
Tra il IV e il III secolo a.c. assistiamo ad un profondo sviluppo della società romana, prima nell’ambito dei traffici commerciali e poi anche a livello sociale e istituzionale, il chè comportava l’esigenza di regolamentare una serie di nuovi rapporti che fino ad allora non erano stati oggetto di regolamentazione; ai quali i pontifices non erano però ben predisposti. Questi rapporti vennero così ad avere tutela mediante l’attività del pretore, detto poi console. Ciò permise di risolvere molte controversie nascenti dai traffici internazionali, dei quali lo ius civile non se ne occupava in modo significativo. Queste innovazioni portarono alla nascita di un nuovo sistema detto ius honorarium, che andò ad affiancare il ius civile. Tale attività giurisdizionale fu successivamente allargata a tutti i rapporti.
Già verso la fine del III secolo a.c. l’intervento del pretore diventa massiccio e la sua figura si andò istituzionalizzando come quella di mediatore tra la natura e i rapporti umani. I pretori formulavano ogni anno un editto nel quale specificavano i casi di cui si sarebbero dovuti organizzare i processi.