A tale importante corpo di disposizioni si accompagnarono altre leggi, intesa disciplinare alcune figure di reato già regolate dalla precedente legislazione criminale.
La lex Iulia de maiestate, probabilmente del 27 a.C., diede definitivo assetto al delitto di lesa maestà, operando un’elencazione degli atti costituenti offesa alla sicurezza dello Stato e all’integrità delle sue istituzioni, che potevano essere perseguiti dinanzi all’apposita quaestio. La pena era l’aqua et igni interdictio (letteralmente privazione dell’acqua e del fuoco cui seguiva l’esilio).
La lex Iulia de ambitu, del 18 a.C., mitigò le severe norme in materia di broglio elettorale, riducendo la pena a una semplice multa, 100.000 sesterzi, accompagnata dall’interdizione quinquennale dai pubblici uffici. Era prevista una sanzione più grave per il caso specifico dell’impiego di una turba di persone per intimidire i votanti.
La lex Iulia de vi publica et privata, di data incerta, precisò la fattispecie di violenza a danno delle pubbliche istituzioni e di privati cittadini perseguibili nella forma del iudicium publicum de vi. Rientrava sicuramente fra i casi di violenza pubblica l’ipotesi del magistrato che, violando il diritto di provocazione, avessi ucciso, torturato o incarcerato un cittadino. Tutte le altre ipotesi sono invece estremamente controverse. Per gli atti:
- di violenza pubblica: la pena era l’aqua et igni interdictio
- di violenza privata: la pena era confisca di 1/3 del patrimonio + interdizione dalle cariche pubbliche
La lex Iulia de peculatu, di data incerta, dettò nuove norme contro:
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la sottrazione e l’appropriazione indebita di denaro e di beni mobili appartenenti allo Stato (peculato in senso stretto) o destinati al culto pubblico
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l’alterazione a scopo di lucro della lega delle monete da parte degli operai della zecca
La pena consisteva in una multa ammontante al quadruplo di quanto sottratto. Era data la possibilità di agire anche contro gli eredi del reo nei de l’arricchimento.
Nel caso di indebita ritenzione di somme ricevute dall’erario per il compimento di un pubblico ufficio o nell’omessa restituzione di denaro statale, i rei erano assoggettati a una pena pecuniaria pari alla somma non restituita aumentata di 1/3.
Ad Augusto risale anche l’istituzione di due nuovi tribunali permanenti:
a) per i reati di adulterio: fondamentale è la lex Iulia de adulteriis coercendi con cui l’adulterio fu per la prima volta attratto nell’ambito dei crimini pubblici.
La legge puniva l’unione sessuale sia con donna maritata, sia con donna non maritata di onesta condizione , nonché lo sfruttamento e favoreggiamento di detti crimini. In alcuni casi era riconosciuto al padre e al marito della donna il diritto di farsi giustizia da sé: il padre poteva uccidere la propria figlia adultera insieme al suo amante se li coglieva sul fatto in casa propria o in casa del genero; il marito poteva uccidere solo l’amante della moglie sorpreso in flagrante nella propria casa, a condizione che si trattasse di persona di bassa condizione sociale.
Fuori di questi casi doveva precedersi per via giudiziaria. L’accusa era sperimentabile dal marito e dal padre dell’adultera. Il marito non poteva perdonare la donna e mettere a tacere il fatto, perché:
→ se non scioglieva il matrimonio era ritenuto colpevole di lenocinio (sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione)
→ se non intentava l’accusa entro 60 giorni dal divorzio questa poteva essere promossa da qualsiasi cittadino per il periodo di 4 mesi utili
La procedura era rigorosa: in essa si drogava anche al principio generale che lo schiavo non potesse testimoniare contro il proprio padrone. I rei erano puniti con la delegazione in isole diverse ; la donna subiva la confisca della metà della dote e di 1/3 dei beni parafernali (oggetti personali non facenti parte della dote), l’uomo la confisca della metà del patrimonio.
b) per i crimini annonari: fondamentale è la lex Iulia de annona che rese perseguibile a mezzo di un’apposita quaestio ogni azione a danno dell’approvvigionamento alimentare di Roma e la formazione di cartelli per il rincaro dei prezzi delle derrate, punendo i trasgressori con una pena pecuniaria. Questa legge fu ben presto soppiantata dai tribunali straordinari dei funzionari imperiali.