I poteri dei comizi curiati,sin dalla prima repubblica, sono estremamente limitati. In essi si procedeva alla inauguratio del rex sacrorum e di flamini maggiori. Inoltre,si pronunciava la lex curiata de imperio, con cui si confermava il potere dei magistrati maggiori, eletti dai comizi centuriati. La lex curiata era priva di un contenuto normativo ma era divenuta comunque un atto meramente simbolico.
I più importanti fra i comizi repubblicani, dunque, furono i comizi centuriati,derivati dalla trasformazione in forme politiche dell’antica assemblea del popolo riunito nell’esercito centuriato. In base al censo, dunque, i Romani furono suddivisi in classi: viene, in un certo senso, a crearsi un sistema timocratico di partecipazione e di votazione dei cives nell’assemblea cittadina, durante i primi secoli della repubblica.
Tale sistema, detta serviano, di cui Livio parla in riferimento alla suddivisione del popolo romano in 5 classi distinte, trae origine dalla riforma degli ordinamenti militari operata da Servio Tullio, attraverso vari processi di trasformazione che portarono all’adozione di un nuovo schema interno dell’esercito, quello dei manipoli, e l’introduzione del soldo per i militari.
Tutto questo comportò un vero e proprio distacco fra la struttura dell’esercito, per la cui composizione non si fece più riferimento al censo, e l’assemblea popolare, che per svariati motivi restò sempre legata al censo.
Il sistema descritto da Livio appare molto chiaro: Servio Tullio, infatti, con la sua riforma mirò a trasferire tutti gli oneri dai poveri agli abbienti e con gli oneri, dice Livio, furono dati ai ricchi tutti gli oneri ovvero, nella nuova assemblea, tutti i poteri.
Sicuramente questo cambiamento radicale avvenne per diversi motivi, tra cui l’inadeguatezza dei vecchi moduli organizzativi fondati sulle genti e sulle curie, l’emergere di una nuova aristocrazia quiritaria, le necessità militari connesse con l’adozione del sistema oplitico, la presenza nell’esercito di numerosi plebei, anche abbienti.
Tutto questo deve aver causato gradualmente la trasformazione delle riunioni degli armati in un organo politico, ordinato in centurie e in classi come era organizzato l’esercito.
Non a caso, le prime determinazioni politiche, adottate dai nuovi comizi, sarebbero state le leggi con cui il popolo, ad esempio, approvava le dichiarazioni di guerra, in origine comunicate dai magistrati.
Imperare exercitum era il termine della loro convocazione, formalmente sempre espressione dell’imperium militae.
Potevano, dunque, ordinarla solamente i magistrati cum imperio,in primis consoli e, naturalmente, se vi era il dittatore.
Il pretore non poteva convocare i comitia centuriata per procedere all’elezione dei magistrati maggiori, la cui creatio doveva avvenire per mano di uno dei due consoli e, nel caso in cui questi mancassero e non vi fosse un dittatore, si ricorreva all’interregnum.
Anche all’interrè spettava il diritto di convocare questi comizi ma normalmente ciò non avveniva. Così il ius agendi cum populo spettò ai tribuni militari con potestà consolare, ai consulari imperio e in genere, a tutti i magistrati straordinari con potestà consolare e attribuzioni cittadine.
L’editto che annunciava la indizione dei comizi, oltre al luogo e alla data di riunione, indicava l’oggetto della o delle votazioni: le leggi proposte, i candidati, il nome degli accusati, le imputazioni e le pene corrispondenti.
Le proposte dei magistrati avvenivano mediante delle formule solenni. Delle proposte di leggi, si pubblicava contemporaneamente il testo. La promulgazione avveniva mediante annuncio verbale e tramite affissione in tavolette di legno esposte in luogo congruo per un determinato periodo di tempo.
Solo il magistrato poteva interrogare il popolo e presentare proposte al comizio. Questo poteva solo approvarle o respingerle, non modificarle né apportarvi emendamenti. Successivamente, questo potere esclusivo gli fu sottratto e si affermò il principio secondo cui ciascun cittadino potesse avanzare la propria candidatura e la proposta del proprio nome doveva essere fatta non direttamente all’assemblea ma prima al magistrato che aveva convocato i comizi.
Era sempre il magistrato a decidere se un nome potesse essere ammesso o meno alla candidatura. La notte prima della convocazione dell’assemblea, il magistrato si recava al tempio e prendeva gli auspici. Se questi erano sfavorevoli, l’assemblea veniva rinviata, mentre se erano favorevoli, si procedeva alla convocazione con una serie di complesse formalità che rispecchiavano anch’esse la primitiva natura militare dell’assemblea.
Il popolo era invitato a recarsi dinnanzi al magistrato, nel luogo di riunione prestabilito, nel rispetto dei diritti costituzionali dei cittadini ( per questo motivo, ad esempio, la convocazione non poteva avvenire ad castra).
Si iniziava con un sacrificio in favore degli dei e la recitazione di una preghiera solenne da parte del magistrato che, tramite un banditore, faceva dare notizia della sua proposta.
Si passava successivamente alla procedura comiziale vera e propria, nel corso della quale il popolo esprimeva il proprio voto. I cittadini votavano individualmente: in un primo momento, si votava sempre e solo oralmente e il voto di ognuno veniva indicato in apposito tabelle.
In un secondo momento, venne introdotta la votazione segreta. Terminate le operazioni di voto dei membri di una centuria, il competente rogator procedeva al conteggio dei voti mettendo in luce quella che era la maggioranza dei voti espressi dai comizi e non dai singoli. Tuttavia, qualora lo ritenesse opportuno, il magistrato poteva rifiutare la proclamazione e ordinare la ripetizione del voto della centuria in questione.
Il risultato delle votazione è chiaro venisse deciso sempre dagli appartenenti ai ceti più forti, ai gruppi economicamente e quindi politicamente privilegiati. Di conseguenza, i più poveri, i non abbienti erano destinati a restare emarginati all’interno della società .