La capacità di agire. Gli “impuberes”
La capacità di agire è rappresentata dalla idoneità di un soggetto a porre in essere un’attività giuridicamente rilevante, per di creare, modificare o estinguere un rapporto giuridico. Nel diritto romano, la capacità di agire può essere limitata da cause attinenti all’età, al sesso, a vizi della sfera mentale e caratteriale.
La “infirmitas aetatis” è causa di esclusione o diminuzione della capacità di agire per chi è inferiore ad una certa età: la piena capacità si raggiunge con la pubertà la quale viene verificata con la “inspectio corporis”; per i ragazzi il raggiungimento della pubertà fu poi imposto da Giustiniano al compimento dei 14 anni.
Nel periodo classico gli impuberi vennero divisi in tre categorie. Gli “infantes”, gli “infantia maiores” e i “pubertati proximi”.
Gli infantes sono totalmente incapaci di agire e gli atti da loro compiuti non hanno alcun effetto giuridico.
Gli infantia maiores sono solo parzialmente incapaci di agire; possono solo migliorare la loro situazione patrimoniale, ma non deteriorarla. Essi avevano piena responsabilità per i negozi compiuti senza l’auctoritas del tutore.
I pubertati proximi sono capaci di commettere volontariamente o negligentemente atti illeciti.
La “tutela impuberum”
La tutela impuberum ha lo scopo di fornire all’impubere assistenza e protezione. Vi sono tre specie di tutela: legitima, testamentaria, dativa.
La tutela legitima si ha quando il testatore non ha designato nessuno, e spetta al parente legittimo più vicino in grado. Con Giustiniano si ebbe poi che venisse conferita anche ai cognati.
Nella tutela testamentaria il paterfamilias nomina un tutore ai discendenti impuberi.
Nella tutela dativa, secondola LEX ATILIAdel210 a.c., il pretore assegnava all’impubere un tutore nel caso in cui questi non ne abbia.
Il tutore testamentario può rinunciare in qualsiasi momento alla carica mediante “abdicatio tutelae”. Il tutore legittimo poteva compiere lo “in iure cessio tutelae”. Il tutore dativo non può rinunciare alla carica, ma può solo presentare delle cause che giustifichino il rifiuto della carica stessa.
Il tutore legittimo deve essere sui iuris, maschio e pubere. Nella tutela testamentaria e in quella dativa il tutore non è necessario che sia sui iuris. Le donne non potevano diventare tutori, ad eccezione della vedova che si impegnava a non risposarsi la quale poteva essere tutrice dei propri figli.
Nell’amministrazione del patrimonio dell’impubere il tutore utilizzava la rappresentanza indiretta oppure esercitava l’auctoritas con la quale il pupillo poteva compiere atti di persona , ma con l’assistenza del tutore.
Contro il tutore testamentario si esercitava la “cognitio” che aveva per effetto la rimozione del tutore al posto del quale veniva nominato un tutore dativo.
Per regolare i rapporti tra tutore e pupillo viene introdotta l’actio tutelae la quale colpisce il tutore che abbia agito con dolo o con negligenza.
La “tutela mulierum”
La donna era totalmente incapace per il diritto pubblico, mentre aveva piena capacità processuale.
Sul piano del diritto privato, la donna era incapace per gli atti che concernevano la patria potestas.
La donna risponde senza per le obbligazioni derivanti da delitto mentre per le obbligazioni derivanti da contratto si applica la stessa disciplina dell’impubere. In oltre la donna poteva alienare solo le res nec mancipi e, come creditrice, poteva estinguere una obbligazione. Aveva invece bisogno del tutore per gli atti che le potevano recare svantaggio.
Anche la tutela mulierum poteva essere legittima, testamentaria o dativa. Ella era esonerata dalla tutela dopo che avesse partorito 3 figli se ingenua oppure 4 se liberta, nell’ambito di un iustum matrimonium.