L’attuale codice di procedura civile, emanato nel 1940 ed entrato in vigore il 21 aprile del 1942, ha carattere dogmatico, come del resto non poteva essere se si pensa che esso fu opera prevalentemente di professori universitari. Tale carattere presenta sia vantaggi che svantaggi:
- in positivo possiamo dire che esso consente la rapida e facile individuazione dei principi generali, espressi in esplicite disposizioni di legge;
- in negativo possiamo dire che esso rischia di vincolare l’interprete a formulazioni dogmatiche ormai superate, rendendo particolarmente complessa l’opera di adeguamento dei principi generali all’evoluzione della legislazione.
Il codice si divide in quattro libri:
- libro I (disposizioni generali): il legislatore ha avuto la pretesa di ricomprendere in questo libro le disposizioni generali che, come tali, dovrebbero poter essere applicate in tutti i processi disciplinati dal codice. Dal momento che tale operazione è riuscita soltanto in parte, tuttavia, l’interprete si trova spesso di fronte al problema ermeneutico di verificare se e come le norme del libro I sono applicabili anche ai successivi:
- titolo I (organi giudiziari): tale titolo si suddivide in tre capi: del giudice , del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario e del consulente tecnico, del custode e degli altri ausiliari del giudice ;
- titolo II (pubblico ministero) e titolo III (parti private): insieme al titolo I, essi individuano i soggetti di ogni processo giurisdizionale;
- titolo IV (azione) e titolo V (giurisdizione): in questi titoli si rinviene il maggior numero dei principi fondamentali inerenti il processo. Azione e giurisdizione, quindi, assumono il valore di termini riassuntivi del complesso dei poteri processuali attribuiti dalla legge alle parti e al giudice;
- titolo VI (atti processuali): il processo non è altro che un complesso di atti ordinati nel tempo e posti in essere dalle parti e dal giudice. Risulta pertanto logico che il legislatore abbia tentato di dettare una disciplina generale delle forme degli atti processuali e dei termini;
- libro II (processo di cognizione): i processi di cognizione disciplinati da tale libro hanno carattere totalmente atipico, dal momento che loro oggetto può essere qualsiasi diritto. I procedimenti di cognizione (piena) hanno lo scopo di accertare chi ha ragione e chi ha torto, motivo per cui si articolano su tre fasi che il legislatore può variamente disciplinare:
- la fase introduttiva (o preparazione del processo), nella quale occorre individuare il giudice competente, le parti e il diritto fatto valere e, a tale scopo, precisare le domande, le eccezioni e i fatti controversi;
- la fase istruttoria, destinata all’acquisizione al processo delle prove necessarie per conoscere i fatti controversi;
- la fase decisoria, destinata a sussumere la fattispecie concreta così come accertata tramite le prove sotto la fattispecie legale astratta, allo scopo di trarne la statuizione finale circa l’esistenza o meno del diritto azionato.
Risulta particolarmente interessante il raffronto tra la rubrica del titolo I (procedimento davanti al tribunale) e del titolo II (procedimento davanti al giudice di pace): il primo titolo è costituito da quasi centocinquanta articoli, mentre il secondo da meno di dieci. Il legislatore disciplina in modo articolato il processo di cognizione di primo grado di competenza del tribunale, mentre per quanto concerne il processo di primo grado di competenza del giudice di pace si avvale di una norma di rinvio (art. 311) alla cui stregua il procedimento davanti a tale giudice è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in quanto applicabili . Tale scelta, a seguito della trasformazione del tribunale civile in ufficio giudiziario a composizione normalmente monocratica, non appare più giustificata, ma per motivi di semplicità non è stata modificata. Il titolo III (impugnazioni) inerisce ai controlli che le parti possono provocare sulla validità e sulla giustizia della sentenza di primo grado e di appello. Occorre sottolineare che i mezzi di impugnazione delle sentenze, una volta accertata l’esistenza del vizio, non si limitano all’eliminazione della stessa, ma comportano anche la sostituzione della sentenza con un’altra non viziata, allo scopo di consentire al processo di cognizione di perseguire la sua funzione istituzionale. Il titolo IV disciplina uno speciale processo a cognizione piena relativo alle controversie di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria e alle controversie in materia di locazione di immobili urbani;
- libro III (processo di esecuzione): tale libro, a prescindere dalla rubrica, tratta soltanto dei processi di esecuzione forzata:
- titolo I (titolo esecutivo): a differenza del processo di cognizione, per mettere in moto un processo di esecuzione forzata non è sufficiente l’affermazione del creditore di essere tale, ma occorre che questi disponga di un titolo esecutivo (art. 474), ossia di un provvedimento idoneo ad offrire una certezza in ordine all’esistenza del diritto. I processi di esecuzione forzata, in particolare, consistono in un complesso di attività giuridiche e materiali dirette a fare conseguire concretamente al titolare del diritto le utilità che avrebbe dovuto ottenere tramite l’adempimento spontaneo;
- titolo II: si disciplina l’espropriazione forzata relativa all’esecuzione forzata di obblighi di pagare somme di denaro. Tale espropriazione altro non è se non l’attuazione della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. e del corollario della par condicio creditorum (art. 2741). I momenti centrali di qualsiasi specie di processo espropriativo sono:
- o il pignoramento, che viene a creare un vincolo di indisponibilità sulla cosa;
- o l’intervento dei creditori (esplicazione del principio della par condicio);
- la vendita forzata o l’assegnazione;
- la distribuzione del ricavato ai creditori;
- titolo III: disciplina l’esecuzione forzata degli obblighi di consegna di beni mobili o di rilascio di beni immobili;
- titolo IV: disciplina l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare opere materiali.
Per completezza espositiva, occorre sottolineare che l’esecuzione forzata incontra due specie di limiti invalicabili ed imprescindibili:
- fondandosi sulla surrogazione di un terzo all’obbligato, essa presuppone la fungibilità della prestazione;
- presupponendo un obbligo inadempiuto, essa risulta idonea solo ad assicurare una tutela repressiva e non anche preventiva;
- libro IV (procedimenti speciali): come nel libro VI del codice civile, in questo libro del codice di procedura il legislatore ha sistemato tutti gli istituti che non era riuscito a collocare utilmente nei libri precedenti (asistematicità). Quello che accomuna quasi tutti i processi disciplinati dal libro IV, comunque, è la loro tipicità: si parla infatti di processi utilizzabili soltanto in presenza di speciali requisiti di ammissibilità.
Tale libro è quello che più di ogni altro mostra i segni del tempo in cui è stato redatto e che necessiterebbe di una radicale riscrittura politica:
- titolo I (procedimento sommari): tale titolo inerisce ai processi a cognizione non piena . I legislatori di tutti i tempi hanno fatto e fanno ricorso, accanto alla cognizione piena, anche alla cognizione sommaria per evitare il costo del processo a cognizione piena qualora manchi una contestazione effettiva, per evitare che l’attore che ha ragione subisca pregiudizi irreparabili a causa della durata del processo e per evitare che il convenuto abusi del suo diritto di difesa;
- titolo II: in esso si tratta dei procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone (es. procedimento di separazione giudiziale);
- titolo III: tale titolo è relativo alla copia e alla collocazione di atti pubblici;
- titolo IV: tale titolo inerisce ai procedimenti relativi all’apertura delle successioni;
- titolo V: in esso si tratta del processo di divisione giudiziale;
- titolo VI: tale titolo inerisce al processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche;
- titolo VIII (titolo VII abrogato): tale titolo tratta dell’arbitrato