A differenza dell’azione di accertamento che ha alla base una situazione giuridica assoluta, a base dell’azione di condanna vi è invece un diritto di credito non soddisfatto non essendo stato il relativo obbligo adempiuto spontaneamente dal debitore. Si tratta quindi di un rapporto giuridico relativo. Il giudice di fronte ad un’azione di questo tipo dovrà fare due cose:

1) accertare l’esistenza dei presupposti in base ai quali si è chiesto il provvedimento

2) emanare un provvedimento che non solo fissi la situazione così come è stata ipotizzata dall’attore ma imponga altresì al convenuto di adempiere all’obbligazione di cui è stato riconosciuto debitore

Se dunque risulta chiaro che a base dell’azione di condanna vi è una pretesa non soddisfatta è facile comprendere che a differenza della sentenza di accertamento che da all’attore tutto quello che questi pretende, la sentenza di condanna non servirebbe a nulla se non fosse in grado di essere portata ad esecuzione nel caso in cui l’obbligato-condannato continui a non adempiere. Poiché nel nostro ordinamento il debitore che subisce la condanna è obbligato solo civilmente ed è assoggettato unicamente all’esecuzione forzata la sentenza di condanna non è altro che un ordine pubblicistico rivolto non al debitore ma agli organi del processo esecutivo affinchè la medesima sia messa in esecuzione a richiesta del creditore.

Al riguardo va precisato che l’idoneità a diventare titolo esecutivo non comporta però che ogni sentenza di condanna sia esecutiva dipendendo ciò da una scelta discrezionale dell’ordinamento giuridico positivo. Per il nostro codice le sentenze di condanna anche se di 1° grado sono provvisoriamente esecutive tra le parti ai sensi dell’art. 282. L’ordinamento ricollega alla sentenza di condanna altre due utilità dato che essa è titolo per l’iscrizione dell’ipoteca legale sui beni del debitore e dato che essa trasforma le prescrizioni brevi dei diritti accertati in prescrizioni lunghe (decennali). Accanto alla sentenza di condanna vera e propria l’art 278 prevede una sentenza di condanna particolare largamente utilizzata nella prassi. Si tratta della cosiddetta Sentenza di condanna generica con la quale il giudice riconosce l’AN debeatur ma non determina il Quantum debeatur.

L’ipotesi tipica è la seguente: si agisce in giudizio per chiedere la condanna dell’obbligato ma essendo sorte nel corso del processo delle difficoltà per la determinazione del Quantum si chiede per ora l’emanazione di una sentenza parziale e non definitiva sull’AN mentre il processo prosegue per la determinazione del Quantum. La prassi ha poi ulteriormente potenziato le possibilità applicative dell’art 278 ammettendo persino che l’attore possa iniziare il processo per chiedere solo la cosiddetta Condanna generica con riserva di chiedere in un successivo processo la liquidazione del quantum. Ci si è chiesti se la sentenza di condanna generica produca gli stessi effetti di una sentenza di condanna vera e propria. Al riguardo la legge dice solo che essa è titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale mentre tace in ordine all’efficacia esecutiva e a quella sulla prescrizione.

Quanto all’efficacia esecutiva deve senz’altro escludersi che la sentenza di condanna generica possa essere esecutiva dato che l’art 474 c.p.c. richiede che i titoli esecutivi per essere tali devono rappresentare un credito certo, liquido, ed esigibile mentre nel nostro caso il credito è certo ma non anche liquido ed esigibile. Quanto all’efficacia sulla prescrizione va detto che la soluzione è dubbia in dottrina mentre la giurisprudenza è concorde nel ritenere che anche la sentenza di condanna generica trasformi le prescrizioni brevi dei diritti accertati in prescrizioni lunghe.

Per concludere si ci è chiesti se sia necessario attendere che l’obbligo sia inadempiuto per poter proporre la domanda giudiziale o se invece sia sufficiente anche la previsione dell’inadempimento. Se al quesito dovessimo dare una risposta positiva si dovrebbe concludere che il nostro sistema ammette la condanna in futuro cosa invece che la legge consente solo in casi eccezionali come ad es. il decreto di ingiunzione dei canoni di locazione ancora da scadere.

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