La disciplina della validità-invalidità degli atti processuali ruota intorno al requisito della forma inteso in senso più ampio di quanto non avvenga nel diritto sostanziale. Sono infatti da ricondurre alla forma non solo le modalità di esternazione dell’atto e gli schemi o i modelli elaborati dalla legge ma anche il requisito della provenienza dell’atto da parte di persona capace, competente e legittimata, e quello del rispetto dell’ordine prefissato e dei termini. La forma diviene in tal modo lo strumento indispensabile per saggiare la validità dei singoli atti e per la vita dell’intero processo tanto è vero che il Chiovenda la paragona all’aria che non si vede e che tuttavia è necessaria per consentire il volo degli uccelli.
Il compito del legislatore è quello di individuare le forme veramente essenziali e di collegare solo a queste la sanzione dell’invalidità. Egli si è prefisso questo programma quando ha enunciato il principio di tassatività delle nullità. Dispone infatti l’art. 156 c.p.c. che non può essere pronunciata la nullità per inosservanza delle forme di alcun atto del processo se la nullità non è espressamente comminata dalla legge. Il legislatore mostra di avere ben presente la differenza tra forma indispensabile e formalismo inutile e dannoso quando sancisce:
1) che anche in mancanza di previsione espressa di nullità essa può essere ugualmente pronunciata se l’atto manca dei requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo
2) che anche in mancanza dei requisiti formali indispensabili la nullità non può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato
A differenza del diritto sostanziale che prevede varie classificazioni (nullità assoluta, nullità relativa, annullabilità assoluta, annullabilità relativa, inefficacia, irregolarità) la legge processuale parla in senso generico di nullità anche se non ricollega al vizio sempre la stessa disciplina. Al riguardo si distingue:
1) una nullità rilevabile d’ufficio che potremmo definire tassativa ed assoluta
2) una nullità rilevabile su eccezione di parte che potremmo definire relativa
Fra le nullità rilevabili d’ufficio la legge riconosce poi particolare rilievo a quella derivante dai vizi relativi alla costituzione del giudice o all’intervento del P.M. che è insanabile con una disposizione che relativamente all’intervento del P.M. è applicabile soltanto al processo di cognizione(art. 158 c.p.c.). Sempre al processo di cognizione sono riservate le norme successive. Il legislatore infatti detta una disciplina differenziata per il difetto di sottoscrizione della sentenza da parte del giudice stabilendo che il relativo vizio sopravvive al passaggio in giudicato (in questo caso si potrebbe parlare di inesistenza). Per le rimanenti nullità invece l’art. 161 c.p.c. prevede che la nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso in cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi d’impugnazione (è questo il cosiddetto Principio dell’assorbimento dei vizi di nullità in motivi di gravame).
Va anche ricordato che vi sono delle nullità del giudizio di 1° grado come ad es. quella riguardante la notificazione della citazione o la mancata integrazione del contraddittorio che una volta dedotte con una valida e tempestiva impugnazione impongono al giudice dell’impugnazione di restituire la causa al primo giudice per il rifacimento totale del processo e che la nullità derivante dalla mancata partecipazione necessaria del P.M. da luogo ad un vizio che il P.M. può far valere anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza tramite revocazione ex art 397 c.p.c. L’art 157 c.p.c. fissa 4 condizioni perchè possa essere dichiarata la nullità rilevabile su eccezione di parte:
1) la prima condizione è che l’eccezione sia proposta dalla parte nel cui interesse è stabilito il requisito mancante
2) la seconda condizione è che l’eccezione sia proposta nella prima udienza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso
3) la terza condizione è che la parte interessata al rilievo della nullità non vi abbia dato causa
4) la quarta condizione è che la parte non abbia rinunciato neppure tacitamente a proporre l’eccezione
L’art. 159 c.p.c. completa poi la disciplina sulla rilevabilità della nullità applicando il principio utile per inutile non vitiatur. In tal modo:
1) la nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti o successivi che siano da esso indipendenti
2) se il vizio impedisce un determinato effetto l’atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali sia idoneo (la giurisprudenza di solito ricorre a tale regola per ammettere la cosiddetta Conversione degli atti processuali ad es un atto presentato come ricorso può valere come citazione)
Per concludere va ricordato che ex art 162 c.p.c. il giudice quando sia possibile deve disporre la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende.