La prima individuazione che il C.P.C. compie dei giudici è globale ex art 1: esso si riferisce ai “giudici ordinari”, i quali esercitano la giurisdizione civile secondo le norme del C.P.C., salve speciali disposizioni di legge. Questa norma riprende il 102 2° Costituzione, che dice che “la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”. Dal combinato si afferma in sostanza che nel nostro ordinamento i giudici sono diversi: il C.P.C. si occupa dell’attività dei giudici ordinari e ad essi è attribuita la giurisdizione civile. La giurisdizione viene allora in rilievo come potere giurisdizionale, nel senso di un potere specifico di decidere singole controversie o cause. Quindi l’art 1 decreta che il pot giurisdizionale spetta ai giudici tutti insieme: quindi la disciplina della giurisdizione nel profilo in esame presenta subito il fondamentale carattere della “generalità”, nella quale si condensa il disposto ex 102 1° Costituzione e 1 C.P.C.. La generalità fa si allora che il tema della giurisdizione si pone essenzialmente come un sistema di limiti alla generale spettanza di tutte le cause civili ai giudici ordinari. I limiti si pongono nei confronti dei: giudici stranieri, organi Stato che non sono giudici (esempio: P.A.), giudici italiani non ordinari. La giurisdizione poi ex 5 C.P.C. si determina con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, per cui gli eventuali mutamenti successivi rimangono senza conseguenze (cosiddetto ”perpetuatio jurisdictionis”).