Dati i limiti intriseci alla dottrina classica sono state apportate numerose modifiche:
- occorre tener conto dell’esigenza che, al fine di assicurare l’eguaglianza sostanziale e non solo formale delle parti, siano attuati quegli istituti (art. 24 co. 3 Cost.) volti ad assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi in giudizio. La l. n. 134 del 2001, poi trasfusa nel d.leg. n. 115 del 2002, ha introdotto un sistema particolarmente idoneo di assistenza giudiziaria ai non abbienti nel processo civile (patrocinio a spese dello Stato);
- poiché nessun sistema di assistenza potrà mai assicurare l’effettiva uguaglianza delle parti nel processo, si va sempre più diffondendo l’opinione che al fine del funzionamento effettivo del contraddittorio durante lo svolgimento del processo è necessario attribuire poteri di iniziativa ufficiosa al giudice e puntare soprattutto sulla collaborazione del giudice con le parti;
- l’esigenza che il principio del contraddittorio si realizzi durante tutto lo svolgimento del processo comporta tre considerazioni:
- il processo deve essere configurato come una serie di atti tra loro coordinati, nel senso che l’atto di un soggetto è funzionale alla spendita del potere degli altri;
- qualora la legge attribuisca al giudice il potere di rilievo di ufficio di questioni di diritto o di fatto, questi, prima di porre a fondamento della decisione la questione rilevata di ufficio, deve indicare la questione stessa alle parti dando loro la possibilità effettiva di svolgere un contraddittorio al riguardo;
- occorre evitare che si formino decadenze a danno della parte che non è in grado di esercitare tempestivamente un potere per fatto ad essa non imputabile;
- nei processi relativi a diritti indisponibili, non potendosi contare sempre sul libero scontro delle parti, occorre intervenire con altre tecniche capaci di supplire a questo difetto di dialettica (es. provocazione dell’intervento del pubblico ministero).