Come la pena anche le misure di sicurezza sono previste dalla Costituzione. Il costituente, infatti, di fronte alle tesi contestatrici del fondamento giuridico delle misure di sicurezza, ha inteso ribadirne la legittimità, generalmente ammessa e fondata sulla realtà della pericolosità sociale e sulla conseguente esigenza della prevenzione speciale.

Pur nella sua maggiore laconicità, la Costituzione fissa dei principi che delineano il nostro sistema preventivo, rendendo incostituzionali le misure di sicurezza che con esso contrastino:

  • il primo principio è quello della legalità delle misure di sicurezza contro l’arbitrium iudicis. L’art. 25 co. 3 Cost., disponendo che nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge , consacra il principio già sancito negli artt. 199 e 236. Mentre la pena si fonda su una certezza giuridica integrale, tuttavia, la misura di sicurezza si fonda su una certezza giuridica di partenza sui dati indizianti e su un giudizio ipotetico sul futuro. Il problema di fondo, quindi, è se ammettere o meno la prevenzione speciale. Una volta ammessa, tuttavia, occorre accettarne anche le inevitabili implicazioni legalistiche: la difficile ricerca di un punto di equilibrio, infatti, comporta quel parziale sacrificio di certezza, necessario perché le misure di sicurezza possano assolvere alla loro funzione specialpreventiva.

Due sono i presupposti previsti dal codice (art. 202) e accolti dalla Costituzione:

  • la pericolosità del soggetto, consistente nella probabilità di commettere nuovi reati.
  • la commissione di un fatto penalmente rilevante.

Sebbene la ragione della misura di sicurezza stia nella pericolosità, infatti, per esigenze garantistiche si richiede che la pericolosità non sia soltanto temuta, ma si sia manifestata in comportamenti indizianti.

Rispetto alla durata della misura di sicurezza, si manifesta un’ulteriore attenzione alla tassatività (artt. 207 e 208):

  • per ciascuna misura è stabilita una durata minima, rispondente ad una presunzione di durata della pericolosità.
  • la misura non può essere revocata se la persona ad essa sottoposta non ha cessato di essere socialmente pericolosa.
  • la misura è revocata se è decorso un tempo corrispondente alla durata minima o anche prima, se dall’esame delle condizioni della persona risulti che la pericolosità è cessata.
  • il giudice fissa un nuovo termine per un ulteriore esame della pericolosità, se la persona risulti ancora pericolosa, sebbene possa procedere ad un riesame in ogni tempo se vi è ragione di ritenere che la pericolosità sia cassata.

Per evitare che la libertà individuale sia indefinitivamente compressa, non si è mancato di auspicare che anche la durata massima sia predeterminata dalla legge. A favore della legittimità dell’indeterminatezza di quest’ultima, tuttavia, si invoca l’impossibilità di conoscere a priori il tempo massimo per l’eliminazione della pericolosità nei confronti di ciascun individuo, potendosi al più prevedere, con una certa approssimazione, il minimo di tempo necessario.

Circa l’irretroattività, va condivisa la dominante tesi secondo la quale non può applicarsi una misura di sicurezza per un fatto che al momento della sua commissione non costituiva reato (o quasi reato). Viceversa può applicarsi una misura di sicurezza ad un reato (o quasi reato) per cui originariamente non era prevista alcuna misura o misura diversa, e questo in quanto le misure di sicurezza non puniscono un reato commesso, ma tendono a porre un rimedio ad uno stato di pericolosità attuale (art. 200 co. 1 e 2).

  • il secondo principio è quello della necessità (extrema ratio), nel senso che non ha luogo la misura di sicurezza quando la finalità specialpreventiva può essere perseguita efficacemente con misure non penalistiche, o penalistiche ma meno limitative della libertà del soggetto.
  • il terzo principio è quello della giurisdizionalità del processo di sicurezza, attraverso il quale vengono applicate, modificate, sostituite o revocate le misure di sicurezza. Anche a seguito di alcune sentenze della Corte costituzionale, il processo di sicurezza, pur mantenendo alcune sue caratteristiche particolari, va assimilandosi al processo giurisdizionale, con le correlative garanzie.
  • il quarto principio è quello della funzione specialpreventiva delle misure di sicurezza, non essendo esse dirette a punire l’autore di una riprovevole violazione di un comando, ma a prevenire la probabile recidiva. Tale funzione, logicamente, non può esaurirsi in una mera neutralizzazione dei soggetti pericolosi, dovendo invece tendere alla rimozione dei fattori predisponenti alla criminalità.
  • il quinto principio è quello della tutela della dignità dell’uomo, a proposito del quale vale sostanzialmente quanto già detto in merito al trattamento e alla pena. Per evitare utilizzazioni aberranti, quindi, le misure di sicurezza vanno concepite ed applicate alla luce del principio personalistico dell’uomo non come entità naturalistica ma come valore.

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