Il 53 stabilisce che “Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o vincere una resistenza all’Autorità e comunque impedire la consumazione dei delitti di strage, naufragio….omicidio, rapina ecc”. La stessa disposizione si applica a ogni persona che legalmente richiesta dal pubblico ufficiale gli presti assistenza. La legge poi determina gli altri casi in cui è autorizzato l’uso delle armi o altro mezzo di coazione fisica. E’ questa una causa di giustificazione ignota al C.P. Zanardelli e si pone come sussidiaria rispetto alle esimenti previste dai 2 art precedenti. Per gli autori del cp Rocco essa era sicuramente un rafforzamento delle possibilità di azione offerte dalle cause di non punibilità.
La novella del 1975. Essa ha introdotto la parte “e comunque impedire la consumazione…”. Nella seconda parte quindi nuova c’è un riferimento a precise fattispecie criminose. Ci si chiede quindi se i fatti menzionati hanno già raggiunto almeno obiettivamente il grado del tentativo punibile e quindi il riferimento alla fattispecie verso cui può rivolgersi l’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica è superfluo (ad esempio il pubblico ufficiale che fa uso delle armi per impedire una strage: li è chiaro che si agisce in legittima difesa). Ma la legittima difesa si configura anche quando chi reagisce difenda un diritto non proprio ma altrui. Se invece per salvare la ragion d’essere del disposto si affermi che l’uso delle armi o altro mezzo di coazione è lecito anche quando i comportamenti richiamati dalla novella non abbiano raggiunto lo stato del tentativo, si arriverebbe davvero al paradosso. Il nostro ordinamento non punisce però i cosiddetti “atti preparatori” cioè quelli che difettino dei requisiti che danno corpo alla direzione non equivoca: per Gallo ciò è un bene. Tuttavia l’ordinamento consentendo il ricorso all’uso delle armi verso condotte che si fermino anteriormente rispetto al tentativo punibile, mentre rinuncia a perseguire cn regolare processo chi abbia fatto atti preparatori, ammetterebbe che un pubblico ufficiale faccia uso delle armi per impedire che da atti preparatori si sviluppi la messa in pericolo del bene tutelato ad esempio dalla noma che prevede la strage, nei termini del tentativo punibile.
Interpretazione restrittiva del 53. Essa pone in crisi i pretesi rapporti intercorrenti tra scriminante dell’uso legittimo delle armi e quelle dei 2 art precedenti. Si è all’inizio sottolineato il collegamento tra la condotta di uso delle armi e il fine di adempiere a un dovere d’ufficio e su questa via l’accento è caduto sulla necessità che deve costringere il pubblico ufficiale al ricorso alle armi, per respingere violenza. La causa di giustificazione verrà meno quando il pubblico ufficiale possa contrastare condotte di violenza/resistenza usando mezzi diversi dalle armi o da altri strumenti di coazione fisica. In base a ciò quindi non ricorrere all’uso delle armi quando esso sia l’unico modo per l’osservanza di un obbligo di ufficio equivarrebbe a non rispettare questo obbligo.
La proporzione. Mediante questo requisito si vede ancora di più la correlazione tra azione giustificata ex 53 e il dovere d’ufficio e ciò porta a 2 conclusioni complementari: la prima è che il pubblico ufficiale dovrà scegliere tra i vari mezzi di coazione quello che realizza la lesione meno grave per i soggetti passivi della sua condotta, la seconda è che non si potrà ricorrere all’uso delle armi quando il risultato cui dovrebbe approdare l’adempimento del dovere non giustifichi il ricorso ad una extrema ratio sproporzionata al risultato cui metterebbe capo l’osservanza del dovere.
La violenza e la resistenza. L’esimente esige poi che all’adempimento del dovere d’ufficio faccia ostacolo una violenza che si deve respingere (in questo caso per Gallo la violenza deve esser fisica) o una resistenza da vincere (essa si realizza tanto cn azioni positive che con inerzia e fuga e ciò che conta è che si impedisca l’adempimento di un dovere di ufficio). Quindi un’interpretazione a cui per i punti di sopra non si può non aderire.
Soggetti legittimati all’uso delle armi. Appare invece problematica la lettura che ravvisa come beneficiari della scriminante solo gli agenti della PS, gli agenti di polizia giudiziaria e i militari in servizio di pubblica sicurezza. In questo modo verrebbe anche meno l’importanza del 2° del 53 che stabilisce che “La stessa disposizione si applica a ogni persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli prestiassistenza”. Quindi il terzo può far uso delle armi in appoggio al pubblico ufficiale. Questa disposizione rappresenta un rafforzamento di quando disposto dal 51 e dal 119. Quest’ultimo stabilisce che di una circostanza di non punibilità oggettiva si avvale chiunque sia concorso nel fatto; in caso di adempimento del dovere la norma citata non autorizza chi non è titolare del dovere a porre in essere la condotta dedotta in obbligo, ma puramente lo esonera da responsabilità per l’aiuto prestato al titolare del dovere. In forza del 53 2° il soggetto ove sia legalmente richiesto può usare armi o altro mezzo di coazione fisica: è tutta la disposizione del 1° che in questo caso si applica. Ma le cose cambiano nei confronti della legittima difesa: infatti il terzo che agisce per difendere un diritto altrui anche se ignora il pericolo che minaccia questo diritto, è persona che usufruisce direttamente della causa di giustificazione: quindi, se ve ne siano gli estremi, può usare armi e così via.
Norme complementari all’art 53. L’uso delle armi è autorizzato anche dal c penale militare di pace con l’art 44 che ricalca il 53. Poi merita menzione una disposizione come quella dell’art 58 3° T.U. delle leggi di pubblica sicurezza. Esse prescinderebbero dall’accertamento nel concreto della proporzione tra l’uso delle armi e la condotta verso cui sono utilizzate. La valutazione sarebbe compiuta una volta per tutte dalla legge che ravviserebbe la realizzazione del requisito di cui si tratta col puro verificarsi della situazione oggetto di disciplina. Ma ciò è assurdo: ad esempio un bimbo che passa la frontiera da solo, non si può autorizzare verso lui l’uso delle armi se non si ferma all’intimazione.