Il dettato normativo stabilisce che la pena prevista è quella che si sarebbe dovuta infliggere alla violazione più grave. Ora però la norma indica solo il modo con cui si deve determinare la pena d’applicare (cioè quella che sarebbe stata irrogata in concreto), non considerando la sanzione comminata in astratto, bensì giustamente la sanzione che deve intendersi per violazione più grave. Qui però cominciano i dubbi, perchè la norma non dice nulla a proposito di ciò che deve intendersi per violazione più grave. Il silenzio è imbarazzante, non è utile il richiamo ex 16 3° C.P.p. Questo art regola la competenza per territorio nei casi di connessione disciplinati dal 12 C.P.. In base a questo i delitti sono considerati più gravi delle contravvenzioni, fra delitti o fra contravvenzioni è più grave il reato per cui è prevista la pena più elevata nel massimo ovvero nel caso di parità dei massimi, la pena più elevata nel minimo; se sono previste pene detentive e pene pecuniarie, di queste si tiene conto solo in caso di pene detentive. Ora il 16 C.P.p risolve una questione di ordine interno al processo, diversamente stanno le cose quando si deve leggere un dato di una fattispecie di diritto sostanziale. Quindi dobbiamo sgombrare il campo dalla suggestione della regola processuale. A questo punto rimangono aperte 2 vie. Ci si chiede se: la pena più grave è la pena che ha il massimo più elevato ovvero bisogna tener conto anche del minimo? Questa domanda si pone l’interprete, che quindi non può esser tranquillo dalla dicitura “violazione più grave, pena più severa”. All’opinione che ritiene determinante la pena comminata, si contrappone quella di chi pensa che di violazione più grave possa parlarsi solo in concreto. La trasgressione di una norma, seguita da pena edittale più elevata, può ad una valutazione condotta ex 133 C.P. e alla stregua delle circostanze che qualificano il fatto, risultare meno grave della violazione sanzionata in astratto con pena più mite, quando ad una valutazione in concreto, la pena da irrogare per quest’ultima sia più severa di quella che si sarebbe dovuta infliggere per la prima.
Ora Gallo ragiona e arriva a dire che la pena base su cui si deve operare l’aumento per la continuazione è quella che si sarebbe applicata alla violazione che concretamente risulta più grave. Ai fini di questo giudizio di maggiore gravità non dovranno esser tralasciate le circostanze che accompagnino uno o più dei singoli fatti esecutivi del medesimo disegno criminoso. Quindi si dovrà escludere che l’aumento per una o diverse circostanze aggravanti si faccia sulla pena complessiva risultante dalla pena base maggiorata di quel tanto che è inflitto a causa della continuazione. Dell’aggravante occorrerà tener conto considerandone l’effetto in concreto, per individuare la violazione più grave. Il plus di sanzione, statuito per la continuazione, si applicherà sulla pena così determinata. Sempre ben leggendo l’81 si ricava che la circostanza eventualmente rilevante dev’essere quella tassativamente fissata dalla previsione normativa, non potendo consistere in una pluralità di dati che solo sommati raggiungono la soglia di rilevanza prescritta per la circostanza. L’aumento, quando la violazione più grave sia sanzionata sia con pena detentiva che con pena pecuniaria, andrà effettuato su entrambe.