Si parte dal presupposto che l’illecito penale è correlato alla formulazione di un giudizio di disvalore della condotta per la violazione della norma e al rimprovero all’autore per non aver orientato la sua volontà in maniera conforme al contenuto della norma contestata.
Si propone una quarta categoria del reato, denominata presupposti della punibilità da collocarsi fuori dal sistema tripartito del reato, ed estraneo.
In essa sono collocate le circostanze che attribuiscono rilievo a criteri estranei al diritto penale, rimanendone fuori le circostanza basate sulla necessità della pena.
Ne consegue che molti istituti tradizionalmente inseriti nella punibilità, qui invece sono collocati nell’ambito di uno dei tre elementi (la desistenza è qui intesa come una c.e.r.).
Rimane nella punibilità solo l’istituto delle c.o.p. e le cause personali e obiettive di esclusione della pena, che trovano esclusivo fondamento in fini extrapenali.
In sostanza, di fronte a un fatto di reato (colpevole e antigiuridico) si accosteranno altre valutazioni relative alla meritevolezza e bisogno della pena, che considerano la rinuncia alla pena come il portato di altre e diverse ragioni di politica criminale, ossia di fronte a certi fattori che prevedono l’esclusione della punibilità in relazione a profili esterni al diritto penale e che non condizionano e non eliminano il disvalore criminale che permane.
Oltretutto in questa quarta categoria sono inseriti elementi eterogenei di natura sostanziale e processuale, in cui le ragioni della non punibilità si discostano dalle iniziali ragioni che hanno presieduto all’introduzione del tipo di illecito col suo proprio disvalore.
Critica: la attribuzione di quanto incide sulla punibilità a un ambito dominato da ragioni politiche, preclude una adeguata indagine scientifica; oltretutto la tesi non è in grado di cogliere la distinzione tra le c.n.p.s. e le c.e.r. e c.e.p. previste nel codice.
Rispetto proprio alle sole cause di estinzione della pena, sarà semmai utile e pertinente il collegamento a generiche esigenze di opportunità pratica, di convenienza politico-criminale, o di interessi estranei alla previsione del fatto di reato (quando invece questa tesi le inserisce nelle esigenze del reato tripartito).
In termini generali va poi considerato che in fin dei conti una ragione politica sta in ultima analisi alla base dell’intero sistema penale, e non solo nelle cause di non punibilità.
Non è quindi ammissibili il riferimento ad interessi extrapenali per giustificare la non punibilità, che non potranno darne una strutturale e dogmatica chiarificazione.
Oltretutto, generalizzando tutti i reati (guardiamo per esempio ai nuovi reati di danno e ai reati di pericolo astratto) si rischia di ragionare sulla punibilità in termini indistinti e generici, non guardando la variegata tipologia di reati e limitando l’uso razionale degli istituti della non punibilità.