Dietro la mancata creazione della sezione II bis “contro la libertà sessuale” sta la convinzione che attraverso esso non sarebbe passato quel messaggio forte che la legge voleva trasmettere. Quindi la classificazione è stata tecnicamente errata, ma simbolicamente meno debole. Marca ancor di più il distacco con il passato e quindi con una visione anacronistica dei reati a sfondo sessuale. Il riferimento alla libertà personale marca maggiormente la sfera dell’individualità. In seguito alla riforma, la tutela penale in materia sessuale si fonda su due tipologie diverse di norme: concernenti la violenza sessuale vera e propria, e concernenti la tutela del minore da aggressioni alla sua sfera sessuale.
L’impressione è che una volta che il legislatore si sia sbarazzato del concetto di libertà sessuale, lo possa fare anche l’interprete.
Per quanto riguarda la tutela penale delle persone maggiorenni, si era discusso sull’ipotesi di rendere centrale il requisito della mancanza di consenso. Ma nell’attuale riforma, il fatto tipico è ancora incentrato sulla costrizione attraverso la violenza o minaccia. Solo in parte e solo limitatamente le attuali norme tutelano la libertà sessuale.
Per quanto riguarda le persone minorenni, sono previsti gli artt. 609 quater e quinquies. Viene loro chiaramente negata la libertà di piena esplicazione della sessualità , escludendosi il consenso. Non vi è quindi un profilo di libertà tutelabile.
Per quanto riguarda il concetto di libertà sessuale, esso è stato menzionato, forse a sproposito, nel codice Rocco, viene accantonato dal legislatore del 96, quando ormai sembrava potesse fungere da referente della tutela.