Concetto di profitto ingiusto
Nei delitti contro il patrimonio il legislatore ha incentrato la maggior parte delle fattispecie non solo sulla base oggettivista dell’offesa patrimoniale della vittima, ma anche su quella soggettivistica del profitto dell’agente, richiedendo per l’esistenza dei medesimi non solo l’impoverimento dell’offeso, ma anche l’arricchimento del reo. Le relative norme, quindi, presentano un duplice contenuto precettivo, essendo loro scopo di evitare non solo l’impoverimento altrui, ma anche l’arricchimento o, comunque, un vantaggio dell’agente mediante il ricorso a mezzi illeciti.
Possiamo allora distinguere tra:
- delitti di profitto, per l’esistenza dei quali è richiesto il profitto, come evento oppure come fine (dolo specifico);
- delitti che prescindono dal profitto, non essendo questo richiesto per la loro esistenza.
 Caratteristiche del profitto:
- circa la definizione, pecca per eccesso l’onnicomprensiva nozione che abbraccia non solo il vantaggio economico ma anche ogni altra utilità (materiale o spirituale) e qualunque piacere o soddisfazione che l’agente si procuri attraverso l’azione criminosa. Tale nozione, infatti, perviene ad una interpretatio abrogans di questo requisito tipico, degradandolo in notevole misura ad un profitto in re ipsa, che viene sostanzialmente a coincidere col movente dell’azione, che sempre esiste, essendo ogni uomo spinto ad agire per un motivo. Pecca tuttavia per difetto, creando vuoti di tutela, l’opposta tesi che, pretendendo di economizzare il profitto, lo circoscrive al solo vantaggio economico, escludendo così anche quando vi sia un incremento strumentale del patrimonio, pur se non economico.
Per evitare i suddetti eccessi e conservare al profitto la sua funzione del imitatrice, quindi, occorre patrimonializzare la nozione, considerando profitto ogni incremento della strumentalità patrimoniale. Il profitto, peraltro, per costante indicazione legislativa, può essere per sé o per altri, ossia per lo stesso agente o per qualunque altra persona diversa dal soggetto offeso. Non esiste reato, quindi, se il soggetto agisce a profitto di questa (es. sottrazione di cose per impedire al proprietario di dissiparle);
- circa i rapporti tra profitto e fatto, il profitto:
- nei reati di aggressione unilaterale, deve derivare direttamente dal trasferimento della cosa dalla sfera patrimoniale della vittima a quella del reo;
- nei reati con la cooperazione della vittima, deve derivare dall’altrui atto dispositivo, non sussistendo alcuna delimitazione legislativa perché tali reati non siano configurabili.
Danno e profitto, quindi, non sono necessariamente compenetrati aspetti di un’unica realtà , potendo essere diversi per qualità e quantità e distinti cronologicamente. Il reato di profitto, tuttavia, non sussiste quando il profitto deriva come indiretta conseguenza del reato (es. omicida per vendetta che deruba la vittima per far credere ad un omicidio per rapina);
- circa l’accertamento, il profitto deve essere provato come qualsiasi altro elemento tipico. Non valgono in materia presunzioni di sorta o richiami a profitti in re ipsa;
- circa l’ingiustizia del profitto, vanno previamente distinti:
- i reati di profitto ingiusto, rispetto ai quali il problema della giustizia o ingiustizia del profitto può essere correttamente risolto tenendo presente che:
- l’ingiustizia del profitto non deve essere identificata con l’ingiustizia del fatto offensivo: il delitto patrimoniale, infatti, sussiste se il mezzo e il profitto sono ingiusti, mentre non sussiste se il mezzo è ingiusto ma il profitto giusto;
- è principio generale del nostro ordinamento che l’esercizio di un preteso diritto è punibile, solo qualora sia violento, come delitto contro la giustizia;
- i reati di profitto ingiusto, rispetto ai quali il problema della giustizia o ingiustizia del profitto può essere correttamente risolto tenendo presente che:
- i reati di profitto non espressamente qualificato dalla legge come ingiusto, rispetto ai quali si pone il problema se si possa prescindere dall’ingiustizia del medesimo.
In base a queste premesse, il profitto deve ritenersi:
- giusto, quando si fonda su una pretesa comunque riconosciuta dal diritto, sia in modo diretto (es. concessione di azione giudiziaria) sia in modo indiretto (es. concessione della soluti retentio delle obbligazioni naturali);
- ingiusto, quando non si fonda sulla suddetta pretesa.