Un criterio logico fondamentale esige che il diritto straniero sia applicato nei suoi termini esatti: ciò discende dalla scelta stessa fatta dal legislatore di utilizzare il diritto straniero per disciplinare le fattispecie con elementi di estraneità.
In questo senso parlano, dopo la riforma, l’art. 15 della legge e l’accettazione del rinvio seguita dall’art. 13.
L’art. 15 dispone:
La legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazio-ne e di applicazione nel tempo.
Agli stessi concetti si ispira la norma dell’art. 18 in tema di richiamo di ordinamenti plurilegislativi cioè di ordinamenti che legislativamente non sono unitari.
Occorre stabilire se il giudice del foro possa esercitare i poteri del giudice straniero per quanto riguarda la legittimità costituzionale delle norme straniere richiamate. Se il controllo è affidato ad un organo ad hoc come la Corte Costituzionale il problema non si pone.
Criterio di globalità e adeguatezza
Quando si pone il problema dell’applicabilità del diritto pubblico straniero, si deve far capo a 2 principi:
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criterio di globalità, in base al quale il rispetto della volontà dell’ordinamento straniero comporta che esso venga applicato con tutte le sue norme
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criterio di adeguatezza, per cui l’applicazione del diritto straniero deve essere adeguata al risultato che la norma di conflitto si propone
Il concorso di due leggi applicabili si può avere per effetto :
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dell’applicabilità simultanea di più norme di conflitto ad una medesima fattispecie
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in conseguenza del trascorrere del tempo che fa nascere da una medesima situazione sociale due diverse fattispecie rilevanti
Il principio di reciprocità comporta l’inapplicabilità di un diritto straniero che non concede al soggetto italiano un diritto che il soggetto straniero vuol far valere in Italia.
Prova della legge straniera
Nella dottrina italiana meno recente s’incontrava spesso l’affermazione che le norme “prodotte” dal diritto internazionale privato sono norme giuridiche alla stessa stregua di quelle nazionali: di conseguenza dovrebbe valere per esse il principio iura novit curia ed il giudice sarebbe tenuto ad applicarle d’ufficio.
La nostra giurisprudenza non ha accettato tuttavia questa impostazione ed ha affermato invece che la parte la quale invoca l’applicazione di una legge straniera ha l’onere di provarne l’esistenza ed il contenuto, come se si trattasse dei fatti della causa.
L’art. 14 della legge 218/1995 dispone:
L’accertamento della legge straniera è compiuto d’ufficio dal giudice. Qualora non riesca ad accertarla (neanche con l’aiuto delle parti), egli applicherà la legge richiamata mediante criteri di collegamento previsti. In mancanza, si applica la legge italiana.