Bisogna guardarsi dal ritenere, allo stato attuale, che il diritto internazionale richieda che tutti i Governi esistenti sulla terra godano del consenso della maggioranza dei sudditi e siano da costoro liberamente scelti (c.d. autodeterminazione interna).
È stato sostenuto che, sebbene il diritto internazionale non imponga l’autodeterminazione interna, esso obblighi comunque gli Stati a proteggere i Governi che con libere elezioni si siano affermati.
A parte l’uso della forza, illecito in ipotesi del genere, l’esistenza di un simile obbligo è smentito dalla prassi: basti citare per tutti il caso dell’Algeria, dove nessuna reazione si ebbe quando nel 1992 fu sovvertito il Governo islamico che si era affermato attraverso una libera consultazione elettorale.
Il diritto internazionale generale impone dunque allo Stato che governa un territorio non suo di consentirne l’autodeterminazione.
Lecito è considerato l’appoggio fornito ai movimenti di liberazione nazionale.
Ma, tutto ciò premesso, non si può parlare di un vero e proprio diritto soggettivo internazionale dei popoli, sottoposti a dominazione straniera, all’autodeterminazione.
In realtà anche in questo caso, come nel caso delle minoranze, i rapporti di diritto internazionale intercorrono in modo esclusivo tra gli Stati.