Nel diritto internazionale classico, avente come oggetto esclusivamente la sovranità statale e come scopo la regolamentazione della coesistenza tra diverse sovranità statali, i regimi giuridici diversi da quello della sovranità territoriale nazionale si riducevano alle ipotesi:

  • delle      terre nullius, aperte per tutti al libero uso e sfruttamento, ma appropriabili,
  • delle      terre communes omnium , anch’esse aperte per tutti a libero uso, ma sottratte      a qualsiasi forma di appropriazione nazionale.

Le risorse naturali o rientravano nell’ambito territoriale e quindi sottoposte alla sovranità statale o ne erano sottratte, in quest’ultimo caso esse erano libere ma da tutti utilizzabili nell’ottica prior in tempore prior in jure.

In dettaglio, il concetto di res nullius, risale al diritto romano per indicare qui territori non sottoposti alla sovranità territoriale di alcuno Stato, in cui l’unico criterio di delimitazione del potere degli Stati era quello della sudditanza della persona.

Dall’assenza di una sovranità statale, deriva la libertà di tutti gli Stati di poter utilizzare le terre nullius e di sottoporle al loro potere di governo mediante l’occupazione.

Infatti i requisiti dell’occupazione sono:

  • un      territorio nullius;
  • l’animus      possidendi;
  • l’effettività      ovvero l’esercizio potere di governo nell’ambito del territorio occupato.

Anche il concetto di res communes ha avuto origine nel diritto romano, secondo il quale comuni a tutti per diritto naturale erano l’aria, l’acqua corrente ed il mare.

Secondo la concezione moderna le res communes si distinguono grazie a due caratteristiche:

  • il principio di non approvazione nazionale,
  • la libertà d’uso.

Sono attualmente sottoposte al regime di res communes le acque dell’alto mare, mentre per lo spazio cosmico e l’orbita geostazionaria il principio del res communes omnium è caratterizzato da numerosi elementi solidaristici, tali da garantire la cooperazione interstatale ed un equo accesso alle loro risorse da parte di tutti gli stati.

In conclusione, sia nel caso di res nullius che di res communes, il loro utilizzo e lo sfruttamento delle loro risorse avviene nel solo interesse ed esclusivo vantaggio dello Stato, ciò comporterebbe che solo gli Stati tecnologicamente avanzati, riescano a trarre beneficio dalla risorsa, essendo i soli in grado di sfruttarla. Nel caso poi di risorse esauribili, l’applicazione della regola first come, first served, farebbe si che gli Stati tecnologicamente meno avanzati non avrebbero mai l’opportunità di beneficiarne.

Per questo motivo, la maggior parte dei membri della Comunità internazionale e soprattutto il gruppo dei Paesi in via di sviluppo, ha iniziato a reclamare un regime diverso, che mirasse soprattutto a razionalizzare, nell’interesse comune, la ricerca scientifica e la gestione e lo sfruttamento delle risorse. Si parla così del patrimonio comune dell’umanità ovvero una serie di norme giuridiche sancite in diversi accordi internazionali, caratterizzate dal riferimento alla tutela di interessi collettivi degli individui con un intento solidaristico. In parole povere, il patrimonio comune dell’umanità testimonia la necessità della Comunità internazionale, di assumere un atteggiamento di corretta gestione, protezione e conservazione nei confronti del proprio patrimonio, in questo modo il bene essendo di pertinenza dell’intera Comunità internazionale, non può essere utilizzato dal singolo utente per suo esclusivo vantaggio. Gli elementi distintivi del patrimonio comune dell’umanità sono:

·           divieto di appropriazione nazionale,

·           riserva a scopi puramente pacifici,

·           rispetto dell’equilibrio ambientale,

·           sistema di gestione delle risorse,

·           controllo sulla distribuzione dei benefici ottenuti dallo sfruttamento delle risorse.

L’obiettivo, quindi, che si cerca di raggiungere è quello di una efficiente ed equa gestione degli spazi, delle risorse e dei beni chela Comunitàinternazionale ritiene di interesse comune.

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