Il diritto internazionale classico è nato e si è sviluppato secondo lo schema del rapporto bilaterale, ossia l’accordo tra due Stati. A partire dalla seconda guerra mondiale ha preso sempre maggiore consistenza il fenomeno del multilateralismo, portando alla creazione di organizzazioni internazionali. Gli Stati pertanto non agiscono più soltanto in funzione di interessi individuali, ma tendono a far convergere i propri interessi, dando vita a situazioni collettive. Le ragioni che hanno determinato una simile trasformazione della Comunità internazionale possono farsi risalire al fatto che gli Stati non riescono più a perseguire individualmente il soddisfacimento dei loro interessi, gli stessi che richiedono uno sforzo congiunto. Si pensi al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale nonché alla liberazione del commercio internazionale e al rispetto dei diritti umani.
Le organizzazioni internazionali pertanto sono degli enti strumentali al perseguimento di fini comuni ai singoli Stati membri, che meglio si raggiungono tramite uno sforzo collettivo.
Scopo dell’ordinamento internazionale è quello di creare una serie di norme che condizionino o limitino la libertà dello Stato nell’esercizio della sua sovranità. Pertanto il contenuto del diritto internazionale attuale è costituito da un insieme di limiti che riguardano l’uso della forza diretta verso l’esterno nei confronti degli altri Stati (sottoforma di violenza di tipo bellico) e l’uso della forza diretta verso l’interno nei confronti degli individui. Accanto a questi limiti classici si sono poi affermati una seri di nuovi limiti all’esercizio della potestà dello Stato, le quali mirano a tutelare dei valori comuni a tutti gli Stati e ai loro cittadini (es. l’ambiente, la dignità e i diritti dell’individuo), sottraendoli in questo modo alla liberà disponibilità degli Stati.
Ciò ha contribuito ad una crescente e progressiva tendenza alla restrizione del dominio riservato agli Stati, soprattutto nel settore della protezione internazionale dei diritti dell’uomo. Un ruolo fondamentale nell’erosione della sfera del dominio riservato degli Stati è stato svolto proprio dalle organizzazioni internazionali in primo luogo dalle Nazioni Unite. Infatti, l’Organizzazione si èsempre ritenuta competente ad intervenire con propri atti in settori come quelli della liberazione dei popoli sottoposti al dominio coloniale, della tutela dei diritti umani e della lotto contro i Governi oppressivi.
Da ciò emerge che l’estensione o la restrizione del dominio riservato agli Stati non dipende soltanto dalla quantità e qualità degli impegni convenzionali assunti da ciascuno Stato, ma anche dagli interventi delle organizzazioni internazionali, le quali in assenza di controlli giurisdizionali sulla legittimità dei loro atti, possono anche superare le misure di salvaguardia della sovranità statale poste a limitazione delle loro competenze dai rispettivi trattati istitutivi.
Il ruolo delle organizzazioni internazionali nell’ordinamento internazionale è incentrato sul possesso della soggettività giuridica internazionale che rende loro possibile di essere titolare di diritti e obblighi a livello internazionale, in modo distinto ed autonomo dagli Stati.
Non si può negare piena personalità giuridica alle organizzazioni internazionali, ossia a quelle associazioni di Stati dotate di organi per il perseguimento degli interessi comuni laddove presentino i requisiti della effettività dell’ordinamento interno e dell’indipendenza esterna dai singoli Stati membri e rispetto agli Stati terzi.
La personalità giuridica internazionale secondola Corte Internazionaledi Giustizia è un requisito fondamentale affinché l’organizzazione stessa possa raggiungere gli obiettivi e gli scopi indicati nello Statuto.
La soggettività internazionale delle organizzazioni internazionali trova però i suoi limiti nelle funzioni che le stesse esercitano in quanto enti funzionali e non territoriali. Infatti per le organizzazioni internazionali non si può parlare di sovranità in quanto non dispongono di un proprio territorio ne esercitano una potestà di imperio su dei singoli, ma esse possono soltanto agire nei limiti e secondo le modalità che gli Stati membri hanno loro espressamente riconosciuto nei rispettivi accordi istitutivi.
Il riconoscimento della soggettività internazionale alle organizzazioni internazionali comporta:
- La loro partecipazione alla formazione delle norme internazionali consuetudinarie al pari degli Stati.
- La possibilità di stipulare trattati internazionali con altri soggetti, sia Stati sia altre organizzazioni.
- La possibilità di intrattenere relazioni diplomatiche di carattere stabile e permanente con altri soggetti.
- Godono di una propria responsabilità internazionale per il loro operato.
- Possono infine porre in essere numerosi atti unilaterali.
L’adozione di atti unilaterali vincolanti costituisce il secondo strumento a disposizione delle organizzazioni internazionali per il perseguimento di interessi collettivi degli Stati.
Gli atti di natura vincolante possono avere a carico degli Stati membri sia:
- un effetto reale, quando non è necessario alcun provvedimento dello Stato perché l’atto possa produrre effetti,
- un effetto obbligatorio, cioè comporta l’obbligo per gli Stati membri di adottare i necessari procedimenti interni di esecuzione ed attuazione. Inoltre tali atti vincolanti possono avere:
ü un contenuto dettagliato, per cui non necessitano di norme di attuazione interne e quindi possono configurarsi come self-executing
ü un contenuto programmatico, per cui sono necessari opportune misure di attuazione.
Tra gli atti vincolanti che le organizzazioni internazionali possono adottare sono di particolare rilievo:
1) le decisioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU, le quali costituiscono un caso eccezionale nel panorama degli atti che le Nazioni Unite possono adottare e si riconnettono all’esistenza di situazioni particolari in cui vengono messe in pericolo la pace e la sicurezza internazionale. Esse vengono adottate per stabilire determinare misure sanzionatorie contro uno Stato che secondo il Consiglio di Sicurezza minacci o violi la pace o sia da considerare come aggressore. Spetta poi agli Stati membri delle N.U. adottare in concreto tali misure che possono consistere non solo nell’interruzione totale o parziale delle relazioni economiche ma anche in qualsiasi altra misura che abbia scopo sanzionatorie e che non comporti l’impiego di forze armate;
2) gli atti comunitari vincolanti, essi costituiscono invece lo strumento ordinario e primario di azione delle Comunità Europee (organizzazioni internazionali caratterizzate dalla particolarità dello scopo che perseguono, ossia non la cooperazione interstatale bensì l’integrazione economica e monetaria tra gli Stati membri). Gli atti comunitari sono:
- il regolamento comunitario, atto di portata generale ed astratta, obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile all’interno degli ordinamento degli Stati membri
- la direttiva, atto programmatico che vincola lo Stato membro al raggiungimento di un determinato risultato entro certi termini facendo ricorso agli strumenti giuridici più opportuni, dopodiché diventa autoapplicativa, per cui le persone fisiche e giuridiche possono invocarle affinché le pubbliche autorità possano osservarle
- la decisione, atto obbligatorio in tutti i suoi elementi per i destinatari da esso indicati.
Oltre agli atti giuridici vincolanti esistono anche quelli non vincolanti, in quanto meno limitativi della sfera della sovranità statale.
Si considerano soft law tutti quegli atti e tutte quelle procedure che pur essendo privi di valore vincolante e non creando diritti e obblighi possono comunque produrre determinati effetti giuridici. Grazie ad esse si è spesso giunti all’elaborazione di standard uniformi che riflettono l’interesse generale della comunità mondiale. Infatti di fronte alla barriera costituta dalla difesa da parte degli Stati dei propri interessi soggettivi ed all’impossibilità di giungere all’adozione di un regolamento vincolante dotato di carattere dell’universalità, l’unico strumento utilizzabile è costituito dal ricorso al soft law, ovvero all’adozione di raccomandazioni non vincolanti che possono essere via via recepite dagli Stati all’interno dei loro ordinamenti giuridici e che possono egualmente costituire la base di partenza per la formazione di una consuetudine internazionale.