Oggetto e scopo esclusivi del diritto internazionale classico erano quelli di disciplinare la sovranità statale al fine di garantire la coesistenza di distinte sfere di sovranità, permettendo a ciascuno Stato di esercitare in modo esclusivo il suo potere di Governo sul proprio territorio e nei confronti dei propri cittadini. Un caposaldo del diritto internazionale classico è rappresentata dalla norma consuetudinaria sulla sovranità territoriale, ai sensi del quale lo Stato gode di una disponibilità esclusiva del territorio statale.
Gli Stati godono di una libertà d’azione pressoché assoluta ed illimitata nell’ambito della propria sfera territoriale.
II potere di governo è libero in quanto ciascuno Stato segue i criteri che ritiene più opportuni nell’organizzazione interna e nell’esercizio del potere di governo sulla propria comunità territoriale, è illimitato in quanto ha ad oggetto tutte le possibili attività umane che possono essere esercitate nell’ambito del proprio territorio ed assoluto nei confronti degli altri Stati.
Per quanto riguarda l’acquisto della sovranità territoriale, vale il criterio dell’effettività. Cioè esso non dipende da una manifestazione di volontà dello Stato né tanto meno da un procedimento di ammissione o di esclusione ad opera degli altri Stati, ma è il risultato dell’esercizio effettivo del potere di governo su un determinato territorio.
L’evoluzione delle norme internazionali hanno comportato una serie di limiti sempre più numerosi al potere di governo esplicato nell’ambito del proprio territorio, finendo per rendere del tutto nominale il principio dell’assoluta libertà degli Stati di comportarsi come meglio credono.
La sovranità territoriale è tutelata da vari principi fondamentali del diritto internazionale.
Uno dei postulati essenziali dell’assetto della Comunità internazionale, con lo scopo di assicurare che ciascuno membro della società internazionale rispettasse la sovranità degli altri Stati è rappresentato dal principio di non ingerenza negli affari interni ed internazionali degli altri Stati che pone il divieto di esercitare pressioni sugli organi (legislativi, esecutivi e giudiziari) di altri soggetti internazionali e di non interferire nelle relazioni fra le autorità di governo e i loro sudditi, nonché il divieto di non condizionare la politica interna ed internazionale di un altro Stato. In sostanza ogni Stato ha l’obbligo di astenersi dall’interferire nella vita che si svolge nell’ambito del territorio altrui e non può esercitarvi il proprio potere di governo senza il consenso dello Stato locale.
Uno dei principi che consacra a livello giuridico la struttura paritaria della società degli Stati è rappresentato dal principio di eguaglianza sovrana in cui gli Stati non possono subire discriminazioni e devono essere trattati in egual modo. Ne derive che eventuali disuguaglianze giuridiche possono risultare soltanto da circostanze di fatto (dovute a diverse posizioni geografiche o morfologiche) oppure devono essere espressamente accettate dallo Stato interessato. In sostanza, tutti gli Stati sono per il diritto internazionale in una identica situazione, quest’ultimo riconosce loro le stesse capacità, gli stessi diritti e gli stessi obblighi.
E’ comunque evidente che il principio di eguaglianza sovrana è spesso limitato nella sua applicazione pratica, dalle disparità politiche, economiche e sociali esistenti tra gli Stati.
A partire dalla seconda guerra mondiale si è giunti alla realistica considerazione che il diritto internazionale dovesse occuparsi delle disparità economiche e sociali degli Stati, promuovendo in particolar modo lo sviluppo dei Paesi più arretrati attraverso l’applicazione del principio della disuguaglianza compensatrice.
Mentre in passato le relazioni tra i soggetti statali si basavano sul principio di reciprocità, secondo il quale si aveva un obbligo solo nella misura in cui la controparte osserva lo stesso obbligo o un obbligo corrispondente.
Un altro principio fondamentale è rappresentato dal principio che vieta l’uso o la minaccia della forza nei rapporti internazionali.
Il diritto internazionale classico almeno fino alla prima guerra mondiale, non poneva alcun limite all’uso della forza. Gli Stati pertanto potevano farsi guerra o ricorrere a misure coercitive diverse dalla guerra ogni qual volta fosse stato violato un loro diritto o semplicemente perché lo ritenevano politicamente o economicamente conveniente.
D’altra parte non vi era nessun organismo internazionale in grado di coordinare il ricorso alla forza da parte dei singoli Stati.
Alla fine della prima guerra mondiale, i vincitori decisero di creare un organizzazione internazionale il cui scopo era quello di prevenire il verificarsi di conflitti armati mondiali.
Nacquela Societàdelle Nazioni finalizzata all’eliminazione della guerra d’aggressione come atto lecito nell’ambito internazionale ed al rispetto del principio della soluzione pacifica delle controversie.
Tale organizzazione fu destinata a fallire allo scoppio della seconda guerra mondiale, sia perché ad essa non aderirono molti Stati, sia perché non istituì nessun meccanismo sanzionatorio nei confronti degli Stati che violassero le disposizioni del Patto.