1) non deve essere una pubblicità ingannevole. La comparazione non deve trarre in inganno il consumatore sulle caratteristiche dei prodotti evidenziati
2) deve riguardare dei prodotti omogenei (stesso genere/stesse caratteristiche)
3) non deve trattarsi di una notizia o di una comparazione idonea a creare discredito
4) non deve produrre a vantaggio del concorrente un ingiusto vantaggio che si produce dal cosiddetto agganciamento al prodotto del concorrente. Il fenomeno dell’agganciamento (fattispecie atipica di concorrenza sleale) prevede che l’imprenditore che voglia sfruttare la notorietà del prodotto del concorrente semplicemente aggancio il mio prodotti a quello noto. Creo un ingiusto vantaggio con il prodotto del concorrente perché sfrutto la sua pubblicità, è una comparazione che reca un vantaggio ingiusto.
Questi 4 elementi sono considerati dal d. lgs analizzato che introduce in realtà una forma ulteriore di tutela nel caso di pubblicità comparativa illecita. Il d. lgs fornisce una tutela in via amministrativa per le ipotesi di pubblicità comparativa illecita e per l’ipotesi ulteriore di pubblicità ingannevole. Questa tutela ulteriore viene assegnata ad un giudice un po’ particolare, cioè l’autorità garante della concorrenza per il mercato. L’imprenditore leso per pubblicità negativa vi può ricorrere in alternativa all’azione ex art 2598 cc. Nella ipotesi in cui vi sia attività comparativa illecita il soggetto leso può agire sia presso il giudice ordinario sia tramite il d. lgs.