Una delle più recenti sentenze è una sentenza del tribunale di Milano che ha condannato il titolare di Esselunga SpA per atti di concorrenza sleale per diffamazione per un libretto che aveva scritto e che prendeva di mira il diretto concorrente (coop). È stato condannato in base ad un articolo: l’art 2598 cc, atti di concorrenza sleale. Possiamo introdurre un’altra considerazione: quando si parla di atti di concorrenza sleale diamo per presupposto che perché l’attività sia illecita (sleale) deve avere un quid pluris, un qualcosa in più rispetto ad una normale attività di concorrenza tra imprenditori. Es pubblicità comparativa che può essere lecita o illecita. Non si intende dire quindi che la concorrenza è illecita sempre, siamo sempre in libero mercato. Quand’è il momento in cui si inizia a parlare di concorrenza? A seguito della Rivoluzione industriale e un consumo dei consumatori come oggi sono intesi. La concorrenza in questo periodo è una attività ritenuta pienamente lecita e no è sottoposta ad un vaglio di liceità o illiceità. Quindi, non si può parlare di una accezione negativa del termine concorrenza. È in Francia che si iniziano ad abbozzare le prime forme di illiceità concorrenziale. Si cominciano a definire dei comportamenti particolarmente aggressivi, oppure dei comportamenti decettivi, cioè comportamenti idonei a trarre in inganno il consumatore sulla identità di un prodotto o sulla origine di un prodotto o di un servizio. Questi comportamenti non pienamente leciti vengono passati sotto il vaglio della disposizione relativa alla responsabilità extracontrattuale civilistica. Non sussistendo una disciplina specifica (introdotto nel 42) non esisteva una disciplina sugli atti di concorrenza sleale, quindi si usava l’articolo previsto in materia di responsabilità extracontrattuale. Qual è la differenza tra i due articoli?è un problema di tutela: l’art 2600 e ss specifica e prevede non solo il risarcimento del danno subito e rimozione degli effetti dell’atto compiuto e inibitoria del comportamento. Infine, vi può essere la condanna alla pubblicazione del dispositivo della sentenza. Quindi sono degli strumenti ad hoc. Questa disciplina, in realtà è figlia di una convenzione internazionale (convenzione dell’unione di Parigi) a cui l’italia ha aderito nel 1925 ed è ancora in vigore. Di fatto il 2598 non ha ancora superato il vigore del 10 bis di questa convenzione, la quale prevede una disciplina molto simile. Ci sono poi ancora alcune leggi di estrazione comunitaria e in sede comunitaria troviamo la prima disciplina della pubblicità comparativa, una forma di pubblicità che poteva rivelarsi molto aggressiva nei confronti del concorrente e che doveva essere disciplinata. Questa normativa è poi confluita nel d.lgs 145/2007. A far seguito vi è un ulteriore d.lgs, il 146 che disciplina le pratiche commerciali sleali.
L’art 2598 prevede varie fattispecie e quindi ha una regolamentazione piuttosto analitica. La struttura di questo articolo ci consente già di dividere per categorie gli atti di concorrenza sleale in questione. Si hanno al numero 1 gli atti di concorrenza sleale confusoria. Si parla poi di atti di concorrenza sleale (2) per denigrazione o appropriazione di pregi. Si parla poi infine al numero 3 di fattispecie atipiche, cioè di una norma, clausola di chiusura che permette di ricomprendere tutte le fattispecie altrimenti non disciplinate dai primi due numeri. La disciplina riguarda attività di concorrenza poste in essere da un soggetto terzo rispetto all’imprenditore leso. Sono atti che producono una responsabilità extracontrattuale, non c’è nessun rapporto contrattuale tra il danneggiante e il danneggiato. E’ un profilo di responsabilità EXTRACONTRATTAULE. Se non ci fosse il 2598, ci affideremmo al 2043, perché si tratta di un danno doloso e colposo diretto ad un atto ingiusto. Quindi, quando si parla di concorrenza sleale si parla di atti lesivi contro IL TERZO rispetto al danneggiante. Però in questo caso la colpa è PRESUNTA, non deve essere provata.
Nell’elencazione di atti di concorrenza sleale ci sono alcune fattispecie cristallizzata dal 2598. Vi sono poi delle fattispecie che il legislatore nel 42 non poteva considerare, non sono elencate dettagliatamente ma sono inserite in una clausola finale, in cui mette tutte le fattispecie non prese in considerazione. È una norma che prevede dei criteri per distinguere se la fattispecie è lecita o è un atto di concorrenza sleale.