L’avviata attuazione della disposizione di cui all’art. 8 co. 3 Cost. aveva determinato la sensazione che lo Stato italiano andasse assumendo una dimensione di neutralità rafforzata nella disciplina del fenomeno religioso. Dopo oltre un ventennio dalla revisione del Concordato lateranense, tuttavia, tutto sembra come paradossalmente tornato alle origini e la società italiana sembra ancora fermamente vincolata ad un regime di confessionismo temperato.
Occorre quindi individuare quale sia il concetto di laicità, termine questo che si presta a tante differenti letture quanti sono i concetti che ne costituiscono il contenuto. La Corte costituzionale, comunque, ha posto un punto fermo escludendo che per laicità possa intendersi indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni e prevedendo che tale termine individui uno strumento di garanzia dello Stato per la tutela attiva delle libertà di religione . In una società pluralista e pluriconfessionale, tuttavia, lo Stato non può restare garante di una neutralità immobile, ma è chiamato ad agire positivamente come attivo promotore delle libertà.
La qualifica di Stato laico, comunque, conserva una buona dose di ambiguità, potendo assumere una valenza polemica nei confronti della Chiesa cattolica, quasi che quel principio dovesse sancire una conseguita affrancazione dello Stato da una supposta servitù ecclesiale.
L’argomento più utilizzato per contestare l’autonomia del diritto ecclesiastico è stato che esso risulta in effetti costituito da un conglomerato di norme e istituti diversi, appartenenti in realtà ad altri rami del diritto . Esso, tuttavia, rappresenta un argomento privo di effettiva consistenza: dal momento che i diversi rami del diritto pubblico e privato danno luogo ad un processo continuo di contaminazione reciproca, negare l’autonomia del diritto ecclesiastico equivarrebbe negare l’autonomia di ogni disciplina giuridica. Eppure questa autonomia continua ad essere negata, con tutta probabilità pensando che quella specialità di norme costituenti il diritto ecclesiastico fosse rappresentata dall’universo chiuso dei Patti lateranensi. Una volta che quella diarchia tra Stato e Chiesa si è in larga parte dissolta (Accordo di Villa Madama del 1984), è sembrato che potesse cadere anche la ragione della specialità del diritto ecclesiastico e che dovesse rimanere solo lo Stato ad occupare il campo.
A detta di Botta, comunque, il diritto ecclesiastico non può che avere un ruolo primario se si considera che esso opera in una società nella quale le istituzioni religiose agiscono non più come tali ma come agenzie di interessi, tentando di far prevalere la propria tavola di valori, cui vorrebbero fossero ispirate le scelte dello Stato.