La comunità familiare costituisce uno dei principali luoghi in cui l’appartenenza confessionale del cittadino assume valore. In particolare, assume rilevanza il momento in cui la comunità familiare si costituisce. Recentemente è cresciuta la spinta a dare rilievo anche alle unioni di fatto (eterosessuali od omosessuali), al fine di non lasciare prive di tutela alcune esperienze di vita affettiva. In Italia non ha ancora avuto successo un analogo tentativo, sebbene non manchi qualche riconoscimento di rilevanza alle convivenze more uxorio. Al riguardo, la Corte costituzionale ha affermato che la convivenza more uxorio è diversa dal vincolo coniugale, e a questo non meccanicamente assimilabile, perché manca dei caratteri della stabilità e della certezza propri del vincolo coniugale, essendo basata sull’affectio quotidiana, liberamente ed in ogni istante revocabile . In questa prospettiva, il matrimonio resta la modalità prevalente per la costituzione della comunità familiare, posizione questa coerente con quella sostenuta dalla Chiesa cattolica, fermamente contraria a qualsiasi assimilazione.
Quanto alla celebrazione del matrimonio, mentre il codice civile del 1865 riconosceva come unica forma valida di celebrazione quella effettuata di fronte all’ufficiale di stato civile, con la stipulazione del Patti lateranensi ha assunto rilievo anche il matrimonio celebrato di fronte ad un ministro di culto (matrimonio religioso con effetti civili): il vincolo matrimoniale rilevante per l’ordinamento dello Stato è solo quello civile, ma i modi attraverso i quali i nubendi possono arrivare a costituirsi coniugi sono molteplici. Uno di questi è l’esercizio della libertà matrimoniale in forme religiosamente qualificate, ossia la possibilità per i cives che siano anche fideles di potersi costituire coniugi mediante un atto concreto di esercizio del diritto di libertà religiosa consistente nel celebrare matrimonio secondo le norme della propria confessione.
Indipendentemente dalla forma di costituzione dello status coniugale, quindi, sembra legittimo parlare di una prospettiva di unificazione del regime matrimoniale, tesa ad esaltare lo spessore religioso dell’unione e la volontà delle parti, alla quale è rimessa l’eventuale rilevanza civile del matrimonio che esse intendano contrarre secondo le regole della propria fede (trascrizione).