Sono vicende del rapporto matrimoniale la separazione, consensuale e giudiziale, il divorzio e tutto ciò che riguarda i contrasti tra i componenti la famiglia per motivi religiosi.
Il regime della separazione personale e del divorzio è di natura esclusivamente civilistica e pertanto esula dal diritto ecclesiastico. Qui si vuole solo ricordare che anche il Codex iuris canonici prevede la separazione con permanenza del vincolo e che proprio al diritto canonico si ispira uno dei casi di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, quello che può essere richiesto da uno dei coniugi quando il matrimonio non è stato consumato.
I contrasti nell’ambito familiare sono quelli che nascono dal mutamento di confessione religiosa di uno dei coniugi o dal contrasto sull’educazione religiosa dei figli, e possono anche costituire causa di separazione o di divorzio o essere risolti con l’intervento del giudice della famiglia.
In relazione all’ora di religione, il contrasto va risolto tenendo conto dell’interesse del minore, rispettando la sua volontà. Il caso di contrasto tra i coniugi dovuto al mutamento di confessione religiosa di uno dei coniugi che pretende che anche i figli seguano la propria decisione, costituisce un problema importante, oltre che attuale, per le conseguenze che può avere in materia di separazione. La conversione di un coniuge ad altra confessione può costituire impedimento alla prosecuzione della convivenza o causa di addebito della separazione. Qui il principio di favore nei confronti della confessione originaria, o il favor religionis catholicae contrastano con il principio stesso di libertà religiosa. L’intervento del giudice è previsto per tentare di risolvere le situazioni più problematiche. Il principio cui dovrebbero ispirarsi gli interessati, compreso il giudice, è quello del rispetto della libertà religiosa individuale, anche nel caso in cui il singolo si dichiari ateo. L’appartenenza confessionale di uno dei coniugi è garantita dall’art. 19 Cost. e pertanto è irrilevante ai fini della separazione.
Su queste posizioni si è attestata anche la Cassazione, che ha stabilito che la libertà di un soggetto di mutare fede non può affievolirsi solo perché è sposato ed ha figli, e che il mutamento di fede religiosa di uno dei coniugi non costituisce motivo di addebito della separazione, mentre lo è l’intolleranza verso le nuove convinzioni dell’altro coniuge.