Il proselitismo è stato sempre motivo di conflitti interconfessionali. Nei Paesi in cui il regime politico si identifica con il sistema religioso stabilito, la religione tradizionale è per così dire garantita contro questi rischi attraverso il divieto di proselitismo imposto agli altri gruppi religiosi; nei Paesi in cui il regime politico non si identifica con il sistema religioso, le chiese tradizionali in linea generale non godono di questa garanzia.
La loro pressione sull’opinione pubblica consiste nel connotare il proselitismo come un atteggiamento di per sé negativo ed illecito.
La comunicazione del messaggio religioso può avvenire sia attraverso tecniche corrette, sia attraverso tecniche scorrette, che per loro natura comprimono cioè quella libertà di valutazione e si risolvono in forme di costrizione o di condizionamento eccessivo all’accettazione del messaggio trasmesso.
Possono crearsi situazioni di indottrinamento ideologico, intendendosi per tale l’acquisizione di un sapere inculcato, senza personale assimilazione e partecipazione critica.
L’incidenza delle tecniche sulla libertà morale della persona fa emergere immediatamente la problematica cui danno vita quelli che abbiamo convenuto di chiamare nuovi movimenti religiosi.
Come ogni agire comunicativo-persuasivo, il proselitismo presuppone sempre il valore suggestivo del messaggio e la fiducia che esso suscita nel destinatario, inducendolo a lasciarsi coinvolgere e a dedicare le sue energie alla sua realizzazione secondo le modalità del comunicante. Ma si intuisce allora che l’attività di proselitismo può configurarsi come illecita tanto per quel che riguarda i mezzi adoperati, quanto per quel che riguarda l’abuso dell’opera di convincimento per fini ulteriori.
Sarebbe veramente azzardato legittimare interventi del potere pubblico in chiave apertamente paternalistica, per sostituirsi cioè al diretto interessato nello stabilire ciò che per lui è giusto o più opportuno. Ogni pretesa di tutela della libertà morale potrebbe costituire il pretesto per perseguitare movimenti religiosi non conformisti e pericolosi, a causa del loro aggressivo proselitismo, per i movimenti religiosi di impianto tradizionale.
Partendo invero dalla considerazione che “la possibilità di scelta si traduce nella possibilità di recepire da più parti più messaggi e quindi di selezionarli, proprio perché si tratta di messaggi molteplici, reagendo ad essi secondo le nostre capacità”, si potrebbe evidenziare l’illiceità del condizionamento psicologico, e utilizzare per la tutela della libertà soggettiva l’art. 605 c.p., allorché il condizionamento precostituisce le condizioni per cui al condizionato viene preclusa ogni possibile alternativa al messaggio che gli si vuole far accettare, ponendolo in un totale isolamento di modo che egli non possa avere scambi con terzi i quali possano comunicargli messaggi diversi o contrastanti.
Per quanto riguarda l’abuso dell’attività di proselitismo per fini illeciti, certo molto spesso queste nuove forme di religiosità appaiono atipiche e pittoresche, “a volte gestite in forma imprenditoriale da ciarlatani con pochi scrupoli”.
È facile constatare che spesso l’attività svolta non è oggettivamente illecita: vogliamo dire che essa configura effettivamente una fattispecie di reato subordinatamente all’accertamento dell’elemento psicologico dell’agente coincidente con l’obiettivo del perseguimento di un fine ingiusto, riprovevole.
Difficile poi stabilire se l’attività di proselitismo è svolta veramente in un ambito religioso o è una montatura per scopi di profitto.
Abusi elettorali dei ministri di culto. Tale reato di configura quando il ministro di qualsiasi culto, “abusando delle proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse, si adopera … a vincolare i suffragi degli elettori a favore od in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati”.
Si deve dire che la norma ha per scopo non già di impedire il “puro e semplice incitamento a votare in un certo modo”, bensì di impedire “che l’elettore sia indotto a votare diversamente dalle proprie convinzioni, originarie o maturate attraverso la propaganda elettorale, allo scopo di conseguire un vantaggio o di evitare un danno, l’uno e l’altro prospettati dal pubblico ufficiale o da altro soggetto equiparato”.