Passiamo ora ad occuparci delle libertà per così dire strumentali del gruppo religioso.
Ogni gruppo può essere considerato, in linea di principio, come un ordinamento, in quanto provvisto di un sistema di norme, attraverso cui regola i comportamenti dei soggetti che ne fanno parte e stabilisce come devono essere ripartite ed esercitate le attività/funzioni attraverso cui il gruppo stesso persegue i suoi fini istituzionali. Il gruppo è realmente autonomo se può esercitare liberamente questi poteri ordinamentali.
Una prima serie di ipotesi in cui l’esplicazione di poteri ordinamentali del gruppo confessionale si riflette su situazioni cui si rivolge la doverosa tutela dell’ordinamento statuale, e che quindi crea il problema della loro limitazione, è quella derivante dalla presenza, nel nostro ordinamento, dell’art. 2 Cost., che impone all’ordinamento di tutelare i diritti fondamentali dei soggetti anche all’interno delle formazioni sociali in cui sono coinvolti.
Una seconda serie di ipotesi in cui l’esercizio dei poteri ordinamentali del gruppo ha indiscutibili riflessi sul piano statualistico e quindi crea problemi è quella che prende forma dalla considerazione secondo cui anche per i gruppi, come già per i singoli, si pone una esigenza di coerenza, ossia di identità collettiva. L’identità collettiva dipende dalla possibilità che il gruppo ha di far osservare le regole che esso stabilisce per indirizzare i comportamenti degli aderenti, nella vita quotidiana e nei rapporti con gli altri, in modo che essi siano coerenti con il sistema di valori cui il gruppo si richiama, diano cioè testimonianza di questa identità, proiettandola all’esterno.
In altri termini, l’aspirazione del gruppo è che i suoi membri possano avvalersi delle leggi confessionali piuttosto che di quelle statuali.
È evidente che l’espansione illimitata dei poteri confessionali soddisferebbe al massimo grado l’esigenza di libertà intesa come identità collettiva; ma si capisce la scarsa propensione ad accedervi da parte dello Stato.
Il modello di Stato finora invalso, proprio per essere ispirato al concetto della sovrana unità nazionale, ammette una sola appartenenza, quella unificante ed omogeneizzante legata al suo territorio, e misconosce tutte le altre, fondate su fattori differenti.
Entro quali limiti oggi è possibile, senza per questo favorire un processo di disgregazione, riammettere gli statuti personali all’interno dell’unico ordinamento generale?
Un primo limite potrebbe essere costituito dal principio di eguaglianza, ove mai questo fosse inteso nel senso più rigoroso. Mentre ben più importante appare il problema dell’inclusione/esclusione, del riconoscimento cioè delle identità collettive, problema che si risolve secondo il criterio del pluralismo culturale e quindi delle differenziazioni anche nella fonte della disciplina giuridica, beninteso nella salvaguardia di una trama di valori comuni di fondo.
La società civile ha un suo sistema di valori, che permeano non solo le regole morali e di costume, ma anche quelle giuridiche; e nulla esclude che il sistema di valori su cui si regge la società civile nel suo complesso sia diverso da quello su cui si regge il gruppo religioso, di modo che le regole dettate dall’un gruppo possono porsi in rotta di collisione rispetto alle regole che consentono all’altro di riconoscersi nei suoi propri valori.
La legislazione statuale, nella sua tendenziale generalità ed astrattezza, può imporre oneri oppure doveri che non tengano adeguato conto dei fattori che costituiscono per un gruppo determinato un elemento fondante l’identità, che insomma non riconoscono a questi gruppi un “diritto alla differenza”.
La tolleranza esige una utilizzazione tollerante dei valori, consistente nel procedere ad una operazione di pesatura del costo del conflitto in termini di sacrificio di altri beni.
Non è possibile attenersi al relativismo culturale, secondo cui tutte le culture si equivalgono. Siffatti valori, cui il nostro ordinamento si adegua, non sono rinunciabili per rispetto alle culture particolari, alle quali pertanto, in tale caso, non può essere consentita alcuna forma di accoglimento. Per quel che riguarda la tolleranza, essa dovrà arrestarsi allorché il comportamento diverso è indiscutibilmente, alla luce del sistema penale protettivo di beni costituzionalmente rilevanti, deviante.