La materia della tutela del patrimonio storico ed artistico è stata compiutamente disciplinata dalla legge 1089/1939, che, dopo aver individuato le cose di “interesse artistico, storico, archeologico o etnologico” da dover tutelare, imponeva ai rappresentanti delle province, dei comuni e degli enti ed istituti legalmente riconosciuti, di presentare un elenco di tali cose, prevedendo, per le cose di proprietà degli enti ecclesiastici, di procedere d’accordo con l’autorità ecclesiastica, e distinguendo tra cose appartenenti allo Stato e a privati.
In atto, il codice civile stabilisce che: “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritto”, che: “I beni degli enti ecclesiastici sono soggetti alle norme del codice stesso, in quanto non è diversamente disposto dalle leggi speciali che li riguardano”, e che gli edifici di culto “non possono essere sottratti alla loro destinazione neppure per effetto di alienazione, finché la destinazione stessa non sia cessata in conformità delle leggi che li riguardano”.
La legge 512/1982 riguarda il “regime fiscale dei beni di rilevante interesse culturale”. Essa prevede “esenzioni da imposte dirette per gli immobili con destinazione ad uso culturale, “poiché si presume che tali beni non costituiscano fonte di reddito. Si sono anche esclusi dai redditi imponibili i redditi catastali di terreni che siano aperti al pubblico o la cui conservazione sia riconosciuta, dal Ministero per i beni culturali e ambientali, di pubblico interesse.
Quanto alle imposte dirette, quelle di successione e di donazione, i beni vincolati non concorrono alla formazione dell’attivo ereditario.
Anche per quanto riguarda l’imposta di registro, la legge 512/1982 stabilisce che “l’aliquota è ridotta del 50 % se il trasferimento ha per oggetto immobili di interesse storico, artistico o archeologico, purché l’acquirente non venga meno agli obblighi della loro conservazione e protezione”.
Agevolazioni sono previste anche per quel che riguarda l’IVA, l’INVIM e le imposte ipotecarie catastali.
Ciò premesso, l’art. 12 dell’Accordo del 1984, dopo aver introdotto il principio generico secondo cui Stato e Chiesa cattolica si impegnano a collaborare “per la tutela del patrimonio storico ed artistico”, prevede che: “Al fine di armonizzare l’applicazione della legge italiana con le esigenze religiose, gli organi competenti delle due parti concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione ed il godimento dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche”, e stipuleranno intese per “la conservazione e la consultazione degli archivi di interesse storico e delle biblioteche dei medesimi enti ed istituzioni”.
Il principio di collaborazione tra Stato e Chiesa è presente anche nelle intese con le confessioni diverse dalla cattolica.
La legge 1089/1939, inoltre, limita la circolazione dei beni di interesse storico e artistico appartenenti allo Stato o ad altri enti morali, vietandone l’esportazione e disciplinandone l’espropriazione. Il privato è tenuto a notificare la detenzione di tali beni e a denunziare ogni atto di trasmissione dei beni per consentire al Ministero dei beni culturali di esercitare il diritto di prelazione a parità di prezzo.