In materia di lavoro dei religiosi anchela Chiesaormai dà per scontata l’esistenza di un rapporto diretto tra lavoro e retribuzione.
Lo stesso Codex iuris canonici dispone che l’organizzazione ecclesiastica assicuri a tutte le persone che prestino la loro attività una retribuzione giusta ed adeguata, che consideri l’attività svolta e chi l’ha posta in essere, che consenta agli ecclesiastici e ai diaconi coniugati che si dedicano a tempo pieno al ministero ecclesiastico il proprio mantenimento, e di usufruire della previdenza sociale in caso di malattia, invalidità o vecchiaia.
Il Trattato lateranense tende ad attribuire la competenza su tali materie al diritto canonico. Inoltre vige il principio di prevenzione, per cui, una volta che l’ecclesiastico ha adito la giurisdizione canonica, non può poi rivolgersi a quella statale per definire una controversia sulla retribuzione che gli spetta, ma è anche vero che l’ecclesiastico ha diritto ad adire direttamente la giurisdizione ordinaria senza che questa possa negare la propria competenza.
I voti di obbedienza e di povertà o l’osservazione che in convento si entra per fini di perfezione spirituale e non per esercitare una professione, rilevano solo sul piano personale e nell’ambito confessionale, fermo restando come lo stesso diritto canonico stabilisce che l’ecclesiastico vada assistito in caso di malattia, invalidità o vecchiaia: ma ciò è possibile solo se si versano i contributi previdenziali e pensionistici, sulla base di una retribuzione conseguente a un rapporto di lavoro e non di una prestazione gratuita.
La dottrina distingue tra una spiritualizzazione intrinseca ed oggettiva ed una spiritualizzazione estrinseca e soggettiva dell’attività lavorativa. La prima è immanente all’ufficio ecclesiastico in senso stretto e perciò non è suscettibile di valutazioni economiche. La seconda, invece, è sottoposta alle regole di diritto del lavoro, in quanto ciò che rileva è l’attività lavorativa comunque svolta dall’ecclesiastico.
Ciò premesso, il lavoro degli ecclesiastici va configurato come rapporto di lavoro subordinato. E proprio questa soluzione costituisce per l’ecclesiastico una garanzia.