Rispetto ai movimenti inconsueti, l’autorità amministrativa dovrebbe controllare innanzitutto la pericolosità del gruppo che si proclama religioso. Ma la discrezionalità della P.A. nel concedere il riconoscimento della personalità giuridica, siccome non è contenuta da precisi parametri normativi, potrebbe costituire lo strumento attraverso cui il potere politico continua a tenere l’atteggiamento che gli sarebbe precluso dal principio di laicità: basterebbe negare il riconoscimento della personalità giuridica ad un gruppo religioso non gradito per rendergli difficile la vita e l’attività, e di precludergli l’accesso a certi beni e certe risorse di cui invece il gruppo religioso favorito può godere.
Per non assegnare risorse in modo scorretto, bisognerebbe assicurasi che il gruppo cui si dirige la disciplina speciale “persegua autentici scopi fideistici”. Si profilano le categorie della autenticità e della in autenticità.
C’è il rischio, allora, che il giudizio sull’autenticità possa servire per compiere, sotto mutate spoglie, quella valutazione del contenuto dottrinale delle credenze religiose, che è vietata dal principio di incompetenza dello Stato.
La soluzione drastica sarebbe quella di rimettersi alla qualificazione che il gruppo fa di sé stesso come associazione, aggregazione religiosa. Ma è evidente che questo affidarsi a quel che il gruppo proclama di sé stesso è altrettanto pericoloso proprio per le ipotesi di mala fede o buona fede.
Una corretta assegnazione di risorse giuridiche e materiale può aversi solo facendo astrazione dai soggetti e riferendosi invece esclusivamente ad oggetti ed attività, i contorni delle quali, almeno garantiscono un più neutrale collegamento di effetti giuridici.
Interessi sociali, al soddisfacimento dei quali in linea di principio dovrebbe attendere innanzitutto lo Stato, cui questo compito è indicato dalla Costituzione, e che però non sempre è in grado di assolvere direttamente a questo compito.
Del soddisfacimento di questi interessi si occupano gruppi ed organismi che, nel perseguire attraverso tali attività un fine solidaristico, operano praticamente in convergenza con i soggetti dell’amministrazione pubblica, dai quali si distinguono proprio perché estranei all’apparato predisposto istituzionalmente per raggiungere i fini dello Stato. Si tratta, da questo punto di vista, di enti non profit, formuletta con cui si vuole sottolineare il fenomeno, sempre più rilevante, dell’incontro fra attività lucrativa e scopi altruistici, il fenomeno, cioè, per cui molti organismi che si dedicano a scopi benefici, sia pure con una motivazione religiosa, per lo più non sono pure e semplici aziende di erogazione, bensì sono vere e proprie aziende di produzione.
È noto che il pluralismo sociale ha difficoltà a tradursi, con riferimento all’istruzione, in pluralismo scolastico, inteso come concorrenza di istituti scolastici pubblici e privati nell’offrire questo delicato servizio oggettivamente pubblico.