Movimento delle persone all’interno dell’Unione Europea
Il programma generale in questo settore di cooperazione nato ai margini della Comunità con l’accordo di Schengen firmato il 14 giugno 1985 in cui Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo s’impegnavano a sopprimere gradualmente i controlli alle frontiere, e successivamente «comunitarizzato» a Maastricht, è esposto all’articolo 61 CE.
Allo scopo di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il Consiglio adotta:
a) anni a decorrere entro un periodo di cinque dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, misure volte ad assicurare la libera circolazione delle persone a norma dell’articolo 14, insieme a misure di accompagnamento direttamente collegate in materia di controlli alle frontiere esterne, asilo e immigrazione, a norma dell’articolo 62, paragrafi 2 e 3 e dell’articolo 63, paragrafo 1, lettera a) e paragrafo 2, lettera a), nonché misure per prevenire e combattere la criminalità a norma dell’articolo 31, lettera e) del trattato sull’Unione europea,
b) dell’asilo, altre misure nei settori dell’immigrazione e della salvaguardia dei diritti dei cittadini dei paesi terzi, a norma dell’articolo 63,
c) cooperazione misure nel settore della giudiziaria in materia civile, come previsto dall’articolo 65,
d) incoraggiare e misure appropriate per rafforzare la cooperazione amministrativa, come previsto dall’articolo 66,
e) cooperazione di misure nel settore della polizia e giudiziaria in materia penale volte ad assicurare alle persone un elevato livello di sicurezza mediante la prevenzione e la lotta contro la criminalità all’interno dell’Unione, in conformità alle disposizioni del trattato sull’Unione europea.
Le misure che dovranno essere adottate (art. 62) riguardano da una parte l’adozione dei controlli sui cittadini dell’Unione (e su quelli dei paesi terzi già «introdotti» nel territorio comunitario), dall’altra l’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri. Poiché le prime sono state in gran parte già adottate usando le basi normative del Trattato CE, è alle seconde che è dedicata la maggiore attenzione.
Tali misure avranno per oggetto (art. 62) la disciplina dei controlli sulle persone all’attraversamento delle frontiere esterne e le regole in materia di visti per soggiorni di breve durata, queste ultime comprendendo l’elenco dei paesi per i cittadini dei quali è richiesto il visto, le procedure e le condizioni per il rilascio del visto medesimo, un modello uniforme di visto e le relative norme, le condizioni di circolazione nell’Unione sempre per i visti di breve durata.
L’art. 63 riguarda l’asilo, i rifugiati e gli sfollati. Per l’asilo vi sono già convenzioni internazionali e le misure da prendere riguardano solo i criteri e i meccanismi per determinare quale Stato membro è «competente» per l’esame della domanda di asilo presentata da un cittadino di un paese terzo in uno degli Stati membri; riguardano poi le «norme minime» relative all’accoglienza dei richiedenti asilo e all’attribuzione della qualifica di rifugiato a cittadini di paesi terzi, le procedure per la concessione o la revoca dello status di rifugiato.
Vi sono poi i paragrafi 3 e 4 che stabiliscono le misure in materia di politica dell’immigrazione.
Queste misure devono essere deliberate all’unanimità su proposta della Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo (art. 67). Trascorsi cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam il Consiglio, deliberando all’unanimità e previa consultazione del Parlamento europeo può decidere di assoggettare tutti o parte dei settori contemplati dal titolo IV (visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone) alla procedura di codecisione con il Parlamento europeo.
Queste misure sono assoggettate (art. 68) al controllo giudiziario della Corte di giustizia in una misura attenuata. La competenza ad essa riconosciuta dagli artt. 226-228 (ricorso per infrazione), 230 (ricorso per annullamento), 232 (ricorso «in carenza») e 234 (questioni pregiudiziali) non viene esclusa – essa discende infatti dalle norme generali del Trattato CE di cui le disposizioni del titolo IV fanno parte – ma viene circoscritta. Le questioni pregiudiziali possono essere sollevate soltanto dai giudici di ultima istanza; i provvedimenti adottati dagli Stati per ragioni di ordine pubblico non sono impugnabili; viene introdotto uno speciale ricorso nell’interesse della legge (art. 68, 3).
Articolo 68
1. L’articolo 234 si applica al presente titolo nelle seguenti circostanze e alle seguenti condizioni: quando è sollevata, in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, una questione concernente l’interpretazione del presente titolo oppure la validità o l’interpretazione degli atti delle istituzioni della Comunità fondati sul presente titolo, tale giurisdizione, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su tale punto, domanda alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla questione.
2. La Corte di giustizia non è comunque competente a pronunciarsi sulle misure o decisioni adottate a norma dell’articolo 62, punto 1 in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna.
3. Il Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull’interpretazione del presente titolo o degli atti delle istituzioni della Comunità fondati sul presente titolo. La decisione pronunciata dalla Corte di giustizia in risposta a siffatta richiesta non si applica alle sentenze degli organi giurisdizionali degli Stati membri passate in giudicato.