La caduta nel 1989 del Muro di Berlino e la dissoluzione del blocco sovietico hanno aperto la prospettiva di un ulteriore ampliamento e in effetti con la conclusione del Trattato di Amsterdam , il Consiglio europeo di avvia il processo di adesione da altri dieci nuovi Stati provenienti da quel blocco. Da qui la necessità di adattare i meccanismi di funzionamento dell’Unione all’incremento degli Stati membri. Un protocollo allegato al Trattato di Amsterdam annunciava la convocazione (un anno prima che il numero degli Stati membri sia superiore a venti) di una <conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri per un riesame globale delle disposizioni dei trattati>.
Il riesame portò al Trattato di Nizza nel 2001, in vigore nel 2003, che si limitava a intervenire sulla composizione di alcuni organi tra cui la Commissione, sulla ponderazione del voto in senno al Consiglio, sull’estensione del voto di questo a maggioranza qualificata e sulla procedura di codecisione. Il risultato è che mentre si da luogo ad una modifica dei Trattati già se ne prefigura una nuova, la stessa Conferenza di Nizza poneva le basi per un’ulteriore conferenza intergonvernativa di revisione, in parte come reazione e rimedio alla ridotta portata degli emendamenti decisi a Nizza, in parte per un’esigenza di rivisitazione complessiva del sistema.
Durante un percorso negoziale tra rappresentanti dei governi, dei parlamenti nazionali, del Parlamento europeo e della Commissione, nel 2004 viene firmato il <Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa> destinato a rimpiazzare integralmente i Trattati esistenti. L’obiettivo è quello di inserire l’intero processo di integrazione in un quadro evocativo superiore acquisendo un carattere costituzionale (gli atti denominati leggi e leggi quadro europee, la rappresentanza esterna dell’Unione affidata ad un ministro degli esteri, bandiera, inno, motto, moneta e festa dell’Europa come simbolo dell’unione).
Dar vita ad una nuova Unione europea che riassuma in sé, in un’unica entità giuridica, tanto il pilastro comunitario che il secondo e il terzo pilastro. Lo strumento giuridico è quello di un nuovo ed unico Trattato piuttosto lungo (448 articoli) ma diviso in quattro parti (la prima contenente i principi, gli obiettivi e le regole generali di funzionamento dell’Unione; la seconda la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione; la terza le norme di dettaglio riprese dai trattati precedenti, sulle politiche ed il funzionamento dell’Unione; la quarta le disposizioni generali e finali riguardanti le procedure di modifica e di entrata in vigore del Trattato) a cui fanno parte una serie di protocolli.
Mentre l’Unione si appresta a passare a 27 Stati membri – dopo l’ingresso nel 2004 di Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia Repubblica ceca, Slovenia, Slovacchia e Ungheria, nel 2007 Bulgaria e Romania – l’entrata in vigore del Trattato costituzionale viene bloccata da due referendum negativi in Francia e Paesi Bassi che ne bocciano la ratifica. Dopo due anni il progetto di Trattato costituzionale è abbandonato ma i suo contenuti diventano la base di partenza di una nuova Conferenza intergovernativa che nel 2007 conduce alla redazione ed alla firma a Lisbona di un nuova trattato di revisione il <Trattato di riforma> noto come Trattato di Lisbona.
Anche il processo di ratifica di questo nuovo trattato avrà un percorso travagliato; la prospettiva di una sua entrata in vigore nel 2009 viene vanificata dal risultato negativo (nel 2008) questa volta della Repubblica d’Irlanda. Nonostante il no irlandese, la procedura di ratifica prosegue negli altri Stati membri, mentre si cerca di trovare una soluzione che consenta al Governo irlandese di riconvocare gli elettori per un secondo referendum.
La soluzione viene trovata con l’approvazione da parte dei Capi di Stato e di governo degli Stati membri di <una serie di garanzie giuridiche intese a rispondere alle preoccupazioni del popolo irlandese, creando le premesse per una nuova loro consultazione sul trattato>. Rassicurazione esplicite richieste dal Governo irlandese circa l’assenza di qualsiasi impatto del Tratto di Lisbona su questioni politicamente sensibili in Irlanda (politica fiscale, diritto alla vita, all’istruzione e alla famiglia, neutralità dello Stato, politica sociale e diritti dei lavoratori). Il nuovo referendum nel 2009 ha esito positivo e il Trattato di Lisbona entra in vigore nel 1° dicembre 2009.