L’Unione Europea disegnata nel trattato di Maastricht non è una nuova organizzazione internazionale che si aggiunge alle Comunità europee, tanto meno le sostituisce. L’Unione non è nemmeno una struttura destinata a funzionare attraverso un proprio insieme di organi o di mezzi o di uffici.
Lo stesso trattato di Maastricht, pur affermando che l’Unione “dispone di un quadro istituzionale unico che assicura la coerenza e la continuità dell’azione svolta per il perseguimento dei suoi obiettivi” (articolo 3), in realtà si riferisce all’unico assetto istituzionale al momento esistente: quello comunitario. Né il trattato di Maastricht offre una vera definizione dell’Unione Europea, limitandosi a registrare che si è segnata “una nuova tappa nel processo di creazione di un’Unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano rese più vicino possibile cittadini” (articolo 1).
Il trattato sull’Unione Europea in effetti composto da tre parti che costituiscono i tre pilastri da cui muove il processo verso l’Unione. Lasciando da parte le disposizioni comuni che enunciano i principi e gli obiettivi dell’Unione (titolo I), il riferimento è rispettivamente alle disposizioni che hanno modificato i tre Trattati esistenti (titoli II, III, e IV). Alla previsione di una politica estera di sicurezza comune (titolo V), infine le disposizioni sulla cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni (titolo VI).
La novità più importante, nell’ambito delle modifiche apportate al trattato CE, era tuttavia rappresentata dall’obiettivo di procedere, attraverso tre fasi, all’instaurazione dell’Unione economica e monetaria (articoli 102 A – 109 M. , oggi articoli 98 e 124), la cui realizzazione più rilevante era costituita dalla sostituzione delle monete nazionali con una moneta unica Europea: l’euro.
Al di là delle modifiche apportate Trattati esistenti, la grande novità del trattato sull’Unione era costituita da quelli che si è soliti definire come il secondo il terzo pilastro. I riferimenti alle disposizioni relative alla “politica estera di sicurezza comune” (titolo V, articoli 11-21 TUE) e a quelle relative alla “cooperazione tra gli Stati membri nei settori della giustizia degli affari interni” (titolo VI, articoli 29-37 TUE).
Dal punto di vista dell’assetto strutturale, non sono state previste istituzioni dell’Unione che non fossero in quelle delle Comunità. Lo stesso Consiglio europeo – che poi non è altro che il vertice dei capi di Stato o di governo, in vita e funzionante sin dalla seconda metà degli anni 60, con l’aggiunta del presidente della Commissione – non veniva con chiarezza definito una istituzione dell’Unione.
L’articolo quattro del trattato di Maastricht si limita a sancire il ruolo, che è quello di dare all’Unione l’impulso necessario al suo sviluppo e definirne gli orientamenti politici generali.
Si sono generalmente utilizzate delle definizioni per immagini. La più fortunata sembra essere quella del tempio a tre colonne, i “pilastri”: le Comunità, la politica estera di sicurezza comune, la cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni; in esse il preambolo e le disposizioni comuni fanno da frontone e le disposizioni finali rappresentano il basamento. Tale immagine ha prevalso emblematicamente su quella di un albero il cui tronco portava tre ramificazioni.