La Comunità ha la capacità di stipulare accordi internazionali, con Stati terzi ed altre organizzazioni internazionali.
In tale direzione va l’art. 47 del TUE (norma posta in apertura delle disposizioni generali e finali del Trattato sull’Unione), significativo per la sua essenziale formulazione: “l’Unione ha personalità giuridica” (il testo precedente al Trattato di Lisbona faceva riferimento solo alla personalità giuridica della Comunità europea).
Il conferimento della personalità giuridica dell’Unione comporta, infatti, la possibilità di condurre un’attività di rilevanza esterna come la stipula di accordi internazionali.
Il Trattato attribuisce espressamente all’Unione il potere di stipulare accordi tariffari e commerciali, nel conteso delle competenze relative alla politica commerciale comune; nonché accordi di associazione con uno o più Stati terzi o con organizzazioni internazionali.
In una prima fase si riteneva che, in settori diversi da quelli espressamente prefigurati dal Trattato, l’allora Comunità dovesse lasciare il campo agli Stati membri ovvero dividere con essi la competenza a stipulare accordi internazionali.
Ma l’attuale art. 47 TUE, nel conferire personalità giuridica all’Unione, comporta la possibilità di intrattenere rapporti contrattuali con i Paesi terzi nell’insieme dei settori disciplinati dai Trattati. Stiamo parlando non solo degli accordi espressamente previsti dai trattati o in atti vincolanti, ma anche tutti quelli finalizzati al perseguimento di uno scopo dei Trattati.
Inoltre, in assenza di espressa attribuzione, la capacità dell’Unione può risultare necessaria per realizzare un obiettivo fissato dai trattati o da atti vincolanti qualora possa incidere su norme comuni o alterarne la portata. In questi casi il potere di contrarre non appartiene più agli Stati membri.
Successivamente, la portata della competenza dell’Unione è stata ulteriormente precisata: essa è esclusiva in tema di politica commerciale comune.
Inoltre, la competenza esterna va misurata su quella interna anche se quest’ultima non è stata ancora esercitata.
In tale prospettiva, il parallelismo tra competenza esterna e competenza interna funge da parametro nella verifica dell’estensione della competenza a stipulare dell’Unione, che infatti non può superare i limiti fissati con l’attribuzione delle competenze interne, pur considerando i poteri impliciti o sussidiari di cui all’art. 352 TFUE.
Inoltre, sempre in funzione di tale parallelismo va definita l’ampiezza della competenza esclusiva dell’Unione rispetto a quella condivisa con gli Stati membri (concorrente) ed a quella esclusiva degli Stati membri.
Nei settori della politica commerciale, per la negoziazione e conclusione di accordi, il Consiglio delibera all’unanimità se, nei medesimi accordi, sono contenute disposizioni per le quali è richiesta l’unanimità per l’adozione di norme interne.
Allo stesso modo, il Consiglio delibera all’unanimità per la negoziazione e la conclusione di accordi che abbiano ad oggetto:
scambi di servizi culturali e audiovisivi qualora tali accordi possano arrecare pregiudizio alle diversità culturali e linguistiche dell’Unione;
scambi di servizi nell’ambito sociale, dell’istruzione e della sanità, qualora tali accordi possano modificare l’organizzazione nazionale di tali servizi e limitare la competenza degli Stati membri riguardo alla loro prestazione.
Le modalità di esercizio della competenza dell’Unione a stipulare accordi internazionali sono disciplinate da:
art. 281 TFUE, che attribuisce al Consiglio la fase di avvio dei negoziati, definizione delle direttive di negoziato, autorizzazione alla firma e conclusione;
art. 207 TFUE in materia di politica commerciale comune.
In particolare, il Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati su raccomandazione della Commissione o dell’Alto rappresentante quando gli accordi riguardano esclusivamente o principalmente la politica estera e di sicurezza comune.
È sempre il Consiglio competente a:
– designare il negoziatore o il responsabile della squadra di negoziato, in ragione della materia oggetto dell’accordo;
– impartire direttive al negoziatore;
– nominare un comitato speciale che deve essere consultato durante la negoziazione dell’accordo.
Anche la firma dell’accordo così come la sua applicazione provvisoria, prima della sua entrata in vigore, devono essere autorizzate con delibera del Consiglio. Quest’ultimo adotta, poi, con delibera a maggioranza qualificata una decisione relativa alla conclusione dell’accordo.
È prescritta l’unanimità per:
– accordi di associazione;
– accordi di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con gli Stati terzi candidati all’adesione all’UE;
– accordi nei settori di scambio di servizi culturali, culturali…
La procedura di conclusione degli accordi internazionali varia parzialmente per gli accordi compresi nell’ambito delle materie di competenza concorrente, i c. d. accordi misti.
In questo caso, l’entrata in vigore è subordinata alla ratifica anche degli Stati membri, secondo le rispettive procedure costituzionali. Lo stesso si dica quando vi è incertezza sulla competenza o quando gli Stati terzi richiedono che l’accordo sia concluso anche dai singoli Stati membri.
Inoltre, è prevista l’approvazione del Parlamento europeo per:
gli accordi di associazione;
l’accordo sull’adesione dell’UE alla CEDU;
gli accordi ai quali si applica la procedura legislativa ordinaria oppure quella speciale qualora sia necessaria l’approvazione del Parlamento europeo.
Sulla stipulazione di altri accordi internazionali, il Parlamento è chiamato a formulare semplicemente un parere prima della conclusione dell’accordo.
Peraltro, il Consiglio può, in casi d’urgenza, fissare un termine per la formulazione di tale parere, decorso il quale può comunque deliberare.
Inoltre, va notato che al Parlamento non è riconosciuto alcun ruolo nella procedura di conclusione degli accordi nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune e nell’adozione della decisione diretta a sospendere l’applicazione di un accordo.
Infine, è previsto che il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possano domandare alla Corte di Giustizia un parere circa la compatibilità di un accordo con i trattati. E, qualora la Corte dovesse formulare un parere negativo, l’accordo può entrare in vigore soltanto se modificato o a seguito di revisione dei trattati.