I sei Stati continuarono la loro opera a favore dell’unificazione europea. Falliti i tentativi di creare una Comunità europea di difesa (un esercito comune europeo sotto un comando integrato e senza alcuna discriminazione tra gli Stati membri) nel quadro della quale doveva venir realizzato il riarmo tedesco (considerato a quell’epoca con grandissime apprensioni anche nel mondo occidentale) ed una Comunità politica europea, ad iniziativa degli Stati del Benelux venne tenuta a Messina (giugno 1955) una conferenza nella quale venne presentato il progetto (Rapporto Spaak) per la creazione di due nuove istituzioni: la Comunità economica europea (o Mercato comune) e la Comunità europea per l’energia atomica (o Euratom).

Ogni Paese aveva potuto constatare, nel settore del carbone e dell’acciaio, i vantaggi di un vasto mercato unico in cui le merci potevano muoversi liberamente, proprio come ormai da tanto tempo avviene all’interno di ogni singolo paese. La creazione di un’area economica di 190 milioni di abitanti, invece dei 50 circa della Francia o dell’Italia o della Germania (di allora), era appunto destinata a promuovere maggior ricchezza e stabilità economica di quanto non potesse fare ciascun paese per conto proprio.

Dal grande mercato si attendevano sia le economie «di scala» rese possibili dall’aumento delle dimensioni delle unità di produzione (industrie a ciclo continuo come la siderurgia, la chimica etc.) o dall’allungamento delle serie prodotte (industrie meccaniche), sia la possibilità di affrontare gli elevati rischi economici connessi con le attività di ricerca e d’innovazione. Inoltre, si sperava che l’integrazione economica avrebbe facilitato il raggiungimento, a lunga scadenza, dell’unità politica.

I due trattati istitutivi della CEE (ora si dice CE = Comunità europea tout court) e dell’Euratom furono presentati alla firma a Roma (25 marzo 1957) ed entrarono in vigore per tutti i sei membri della CECA il 1° gennaio 1958. Nacquero così le due nuove Comunità europee.

La CEE comprendeva gli organi seguenti (rimasti in larga misura immutati, ma non senza che via via si aggiungessero alcuni elementi di novità dei quali daremo conto in seguito):

– Assemblea (poi, a partire dal 1958, Assemblea parlamentare europea ed ora Parlamento europeo a seguito di una decisione da essa adottata il 30 marzo 1962: la nuova denominazione è divenuta ufficiale per effetto della sostituzione di una serie di articoli con nuovi testi disposta dall’Atto unico europeo). È «composta di rappresentanti dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità» (art. 189, già 137): fin dall’inizio fu prevista l’elezione dei membri dell’Assemblea a suffragio universale diretto che fu realizzata soltanto dopo molti anni.

– Consiglio. Formato di rappresentanti degli Stati membri, provvede al coordinamento delle politiche economiche generali degli Stati membri e dispone di un potere di decisione che ne fa un vero e proprio organo legislativo (art. 202, già 145). Le delibere del Consiglio sono prese all’unanimità, a maggioranza semplice o a maggioranza qualificata.

– Commissione. Era composta, inizialmente, di nove membri scelti di comune accordo dai governi degli Stati membri (213-214, già 157-158) in base alla loro competenza generale. È, come si è già osservato, l’istituzione «sopranazionale» della CE (art. 213, n. 2: «I membri della Commissione esercitano le loro funzioni in piena indipendenza nell’interesse generale della Comunità. Nell’adempimento dei loro doveri, essi non sollecitano nè accettano istruzioni da alcun governo nè da alcun organismo»); tuttavia la nomina dei membri di essa da parte dei governi, con il conseguente condizionamento sul piano dell’attività comunitaria, ha mostrato il limite di tale carattere (ciò che ha avuto per conseguenza di far nascere molte speranze intorno al Parlamento europeo a partire dal momento in cui per esso venne prevista l’elezione a suffragio popolare diretto, che lo rendeva titolare di un’investitura democratica estranea al potere dei governi). Essa dispone di poteri di vario genere che ne fanno l’elemento propulsore dell’attività delle Comunità.

– Corte di giustizia. «Assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del trattato» (220, già 164). Le funzioni della Corte saranno prese in esame in seguito, con particolare attenzione per il Trattato CE.

Il 25 marzo 1957, insieme ai trattati istitutivi della CEE e dell’Euratom venne firmata una convenzione che prevedeva l’istituzione di un’Assemblea e di una Corte di giustizia uniche che assunsero rispettivamente la denominazione di Assemblea parlamentare europea (poi mutata in Parlamento europeo) e di Corte di giustizia delle Comunità europee.

Dal punto di vista istituzionale, la CE presenta un equilibrio di poteri diverso rispetto alla CECA. Le ragioni di questa evoluzione devono ricercarsi: in primo luogo nel fatto che mentre la CECA si proponeva un’integrazione parziale, limitata ad un solo settore dell’economia (sì che il trattato di Parigi poté prevederne una disciplina completa, attraverso una dettagliata ed esauriente legislazione economica), l’obiettivo del trattato CEE era l’istituzione di un mercato comune comprensivo dell’insieme delle attività economiche.

Il trattato di Parigi, come è stato sovente detto, è un trattato-norma; quello di Roma, un trattato-quadro: la specificazione di un testo-quadro differisce profondamente dall’applicazione di una legge perfettamente elaborata. A ciò deve aggiungersi la diversa atmosfera politica esistente al momento della stipulazione dei Trattati di Roma rispetto a quella del Trattato di Parigi.

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