I sindacati di comodo
Lo statuto, all’art. 17, vieta la costituzione di sindacati di comodo, cioè di sindacati (di lavoratori) costituiti e sostenuti, qualunque sia il mezzo a tal fine adoperato, dai datori di lavoro o dalle loro associazioni. L’esistenza di tale sindacati (cosiddetti sindacati gialli) costituisce un modo indiretto di comprimere la libertà sindacale, limitando lo spazio dell’organizzazione genuina ed effettivamente rappresentativa.
I modi attraverso cui è possibile fornire sostegno al sindacato di comodo possono andare dal finanziamento, a comportamenti di favoreggiamento; quello che rileva è il rapporto di asservimento del sindacato al datore di lavoro. Non può parlarsi di asservimento di un certo sindacato al datore di lavoro per la semplice propensione da parte di quest’ultimo ad accettare rivendicazioni proposte dallo stesso senza offrirgli particolari vantaggi operativi.
Il comportamento illegittimo tipizzato dalla norma è l’atto del datore di lavoro o della sua associazione di costituire o sostenere il sindacato giallo, non l’esistenza di questo. In caso di violazione, pertanto, il giudice dovrà interdire al datore di lavoro l’azione di sostegno, ma non potrà ordinare lo scioglimento dell’associazione.
La libertà sindacale negativa
La libertà del lavoratore di non aderire ad alcuna organizzazione sindacale è prevista dall’articolo 15, lett. a), dello statuto dei lavoratori, ove si dichiara illecita la discriminazione ai danni del lavoratore che non aderisca ad un’associazione sindacale. La norma impiega il termine “occupazione”, più ampio di quello di “assunzione”; essa, pertanto, rende illecite non solo le discriminazioni compiute ai danni dei lavoratori che non vogliono aderire ad alcun sindacato nel momento della assunzione, ma anche quelle che derivano dalla subordinazione della continuazione del rapporto di lavoro alla iscrizione al sindacato.