Nel nostro ordinamento il riconoscimento della libertà sindacale si incentra sul sintetico disposto dell’art. 39 Cost, 1° comma (“l’organizzazione sindacale è libera”); a questo si aggiungono diverse fonti internazionali, tra cui le Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, n° 87 (libertà sindacale e protezione dei fenomeni sindacali in genere) e n° 98 (principio del diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva nei rapporti interprivati e nei confronti dei datori di lavoro); inoltre la libertà di associazione e di attività sindacale trova spazio nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 e nella Carta sociale europea del 1961.
Di fondamentale importanza sono pure le disposizioni dettate dallo Statuto dei lavoratori in materia sindacale; in modo particolare il titolo II della legge 300 costituisce una concreta articolazione del principio costituzionale con riguardo all’ambito endoaziendale [diritto di associazione e di attività sindacale nei luoghi di lavoro (art. 14), divieto di trattamenti discriminatori in ragione di affiliazione o attività sindacale (artt. 15 e 16), ecc…].
La libertà garantita a livello costituzionale all’organizzazione sindacale va oltre quella sancita in linea generale per il fenomeno associativo di cui all’art. 18 Cost. (infatti l’art 39 non considera il sindacato quale “associazione”, bensì quale “organizzazione”, allargando quindi la sfera d’azione anche a forme organizzatorie non necessariamente a carattere associativo, come ad esempio le CI e i CdF).