A fronte della categoria dei licenziamenti per ragioni soggettive, insiste la tipologia dei licenziamenti per ragioni oggettive, ossia inerenti a decisioni del datore di lavoro in ordine alle dimensioni ed all’organizzazione interna dell’azienda e della produzione. La tipologia di base è quella del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la cui definizione fa riferimento a ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa . Tale nozione risulta talmente ampia da coprire virtualmente tutta la gamma delle possibili scelte imprenditoriali in ordine alla riduzione od alla modificazione della struttura aziendale.

A partire da questa formulazione, la giurisprudenza ha operato una serie di puntualizzazioni interpretative, oramai piuttosto consolidate:

  • il magistrato, ai fini della valutazione sulla sussistenza del giustificato motivo, non può sindacare il merito della scelta imprenditoriale a monte, dal momento che tale ingerenza contrasterebbe con la libertĂ  costituzionalmente garantita di iniziativa economica privata (art. 41 co. 1 Cost.).
  • il controllo giudiziale sul significato motivo oggettivo si deve svolgere nei termini e nei limitiseguenti, i quali tengono conto del contrappeso costituzionale alla libera iniziativa economica (co. 2):
    • il giudice deve verificare la veridicitĂ  della motivazione addotta. Non ci sono dubbi che questo tipo di controllo comprende anche una minima verifica di attendibilitĂ  (la motivazione addotta deve avere una minima consistenza e serietĂ ), il che può reintrodurre dalla finestra forme spurie di sindacato di merito.
    • il giudice deve verificare se dalla ragione addotta è effettivamente disceso, come conseguenza necessaria, il licenziamento di quel lavoratore, ossia se sussiste un nesso di causalitĂ  tra la scelta imprenditoriale e la conseguenza che ne è stata tratta.
    • il giudice deve verificare che il datore di lavoro non abbia potuto utilizzare il lavoratore in un’altra mansione. Tale principio, noto come quello del licenziamento come extrema ratio, rappresenta il limite estremo cui la giurisprudenza ha ritenuto possibile spingersi per contemperare la libertĂ  imprenditoriale con l’interesse del lavoratore alla conservazione del posto di lavoro, entrambi costituzionalmente protetti.
    • rientrano nella nozione di giustificato motivo oggettivo anche i licenziamenti derivanti da situazioni di oggettiva impossibilitĂ , per il lavoratore, di prestare l’attivitĂ  lavorativa (es. custodia cautelare).

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