Le procedure dei contratti collettivi sono state formalizzate solo dal Protocollo del 23 luglio 1993, che prevede relativamente al contratto nazionale di categoria, una durata di quattro anni per la parte normativa, e di due anni per la parte economica. Tre mesi prima della scadenza, le organizzazioni dei datori e dei lavoratori si incontrano per avviare le trattative per il rinnovo.
Quando scade il termine apposto dalle parti stipulanti, il contratto perde la sua efficacia e da quel momento cessa di conformare il contenuto dei rapporti individuali. Questo perché in ragione della sua natura privatistica la giurisprudenza nega l’applicabilità della teoria dell’ultrattività del contratto corporativo, dell’art. 2074 cod. civ. Sono allora per lo più gli stessi contratti collettivi a correre ai ripari mediante l’espressa previsione della propria ultrattività.
Altra questione riguarda la possibile retroattività del regolamento collettivo. Così come l’art. 2074 cod. civ. la giurisprudenza ritiene inapplicabile al contratto di diritto comune anche il 2°comma dell’art. 11 disp. prel. cod. civ. , secondo cui i “contratti collettivi di lavoro possono stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla pubblicazione, purchè non preceda quella della stipulazione”. Ammette quindi che il contratto collettivo può darsi efficacia retroattiva, e giunge a ritenere che di tali benefici possono giovarsi anche lavoratori il cui rapporto sia cessato anteriormente alla stipulazione del contratto collettivo.
Per la giurisprudenza inoltre il contratto collettivo può disporre retroattivamente anche in “malam partem” cioè a danno del lavoratore. Il contratto collettivo successivo nel tempo, nel sostituirsi integralmente a quello anteriore (dello stesso tipo e livello), può modificare la precedente disciplina collettiva anche peggiorativamente per il lavoratore, senza incontrare limite alcuno nei “diritti quesiti” sulla base del contratto sostituito. Di “diritto quesito” si può propriamente parlare in caso di successione di leggi, e non in caso di successione di diverse regolamentazioni contrattuali di uno stesso rapporto. Diritto quesito in sostanza è solo ciò che è già entrato nel patrimonio del lavoratore per effetto della precedente disciplina.