Negli anni ’90 si ha lo sviluppo delle pratiche concertative tra Governo e parti sociali, il cui apice è segnato dalla conclusione del Protocollo del 23 giugno 1993, e successivamente del Patto per il lavoro del 24 settembre 1996 e del Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione del 22 dicembre 1998.

Sul primo versante bisogna ricordare la legge sullo sciopero nei servizi essenziali; sul secondo la normativa in materia di licenziamenti collettivi, di collocamento, sul lavoro degli immigranti, sul trasferimento d’azienda, sui contratti di lavoro flessibile. Sul terzo, la normativa sulla struttura degli uffici periferici del Ministero del lavoro e quella sul decentramento amministrativo.

Vanno ricordati gli altri importanti interventi legislativi riferiti alla protezione della persona del lavoratore e dei suoi diritti fondamentali (posto di lavoro, pari opportunità per le donne, difesa della cura della famiglia, tutela dei minori, diritto al lavoro per i disabili, alla salute e alla riservatezza).

Va segnalata la riforma del pubblico impiego, che ha comportato una modificazione dello status iuris dei pubblici dipendenti, il cui rapporto di lavoro è stato trasferito dall’area del diritto pubblico a quella del diritto civile, aperta alle negoziazioni private, dunque più razionale ed efficiente, secondo anche un criterio di adeguamento all’UE.

Infine va ricordata la riforma del Titolo V della Costituzione operata nel 2001, che  prevede una forma di federalismo legislativo e attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato (ex art. 117 Cost.) le seguenti materie:

ordinamento civile

livelli essenziali di diritti civili e sociali

previdenza sociale

Affida, invece, alla competenza concorrente tra Stato e Regioni:

istruzione e formazione professionale

tutela e sicurezza del lavoro

previdenza complementare e integrativa

La riforma ha suscitato dubbi sull’ambigua espressione “tutela e sicurezza del lavoro”, che, secondo una certa dottrina, lascia alle Regioni l’intera regolamentazione del rapporto di lavoro. Secondo una lettura preferibile, invece, e lo ha chiarito la Corte Costituzionale, resta affidata allo Stato la regolamentazione dei contratti e rapporti di lavoro.

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