Il concetto di maggiore rappresentatività, presente nel vecchio art. 19, viene utilizzato in diversi ambiti del diritto del lavoro; nei casi in cui il legislatore si riferisce alla maggiore rappresentatività, si usano i criteri di valutazione dell’abrogato art. 19.

Il primo criterio è quello della consistenza numerica del sindacato: esso è un criterio oggettivo ma di difficile accertamento per via della mancata registrazione. Tale criterio è quindi sussidiario rispetto ad altri qualitativi, come la diffusione territoriale, quella all’interno delle varie categorie e la presenza nelle contrattazioni collettive.  Un formale riconoscimento a tale requisito si è avuto con la legge 902/77 che ha attribuito alle organizzazioni sindacali i patrimoni delle disciolte confederazioni fasciste: il 93% ai sindacati, il 7% alle confederazioni maggiormente rappresentative, il che comporta la considerazione della consistenza numerica, della diffusione e ampiezza delle strutture organizzative, della partecipazione e stipulazione dei contratti collettivi.

L’orientamento dominante è nel senso di non ritenere vincolante ad altri fini le indicazioni di questa legge. La corte ritiene il criterio i maggiore rappresentatività come un criterio in continuo divenire, che non può essere stabilito una vola per tutte.

Nella legislazione più recente si ritrova il riferimento al sindacato comparativamente più rappresentativo, il cui significato non può essere di certo accostato a quello di maggiormente rappresentativo. Innanzitutto per definire comparativamente deve essere preso come parametro un altro sindacato, ma i problemi di definizione restano comunque in auge.

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