Evoluzione della struttura e dei contenuti della contrattazione: la ricostruzione e gli anni ’50
La prima fase è caratterizzata da un sistema di relazioni industriali “centralizzato e a predominanza politica”, cui corrisponde un modello di contrattazione analogamente centralizzata, debole e statica. In seguito all’accordo interconfederale cosiddetto sul conglobamento dei vari elementi retributivi, viene riconosciuto alle federazioni di categoria il potere di negoziare autonomamente i livelli retributivi.
Gli anni ’60: la prima modernizzazione del sistema contrattuale
La fine degli anni ’50 dà avvio ad un processo di modernizzazione delle relazioni industriali italiane, di cui è parte significativa la modifica del sistema contrattuale. La dinamica generale della contrattazione cresce ai due livelli di categoria e aziendale; si realizza di conseguenza un primo decentramento della struttura contrattuale. Il decentramento è completo rispetto ai contratti nazionali di categoria, che diventano l’asse portante della struttura, fonte della disciplina di base del rapporto di lavoro.
Sul finire del decennio ’50 la contrattazione aziendale viene riconosciuta ed istituzionalizzata nel sistema di contrattazione articolata; in base a tale sistema, alla contrattazione aziendale è riservata la competenza a trattare le materie determinate dallo stesso contratto nazionale.
Il decentramento è parziale sia per le materie che sono delegate, sia per gli agenti contrattuali competenti a trattare, che sono i sindacati provinciali di categoria di entrambe le parti; al contratto nazionale spetta dunque di predeterminare, attraverso clausole di rinvio, sia le materie e gli agenti della contrattazione aziendale, sia le procedure di svolgimento, i tempi e, in qualche caso, i margini contrattuali, e fornire garanzia di tregua sindacale nelle pause temporali intercorrenti tra un accordo e l’altro, tramite clausole di tregua.
Il ciclo 1968-1975: sviluppo e decentramento della contrattazione
La contrattazione raggiunge il massimo del decentramento, poiché l’elemento trainante nel settore industriale è questa volta la contrattazione aziendale, che rompe il limiti quantitativi e qualitativi definiti nel ’62, e il minimo di istituzionalizzazione, in quanto, cadute le norme di coordinamento giuridico tra i livelli contrattuali, ognuno di questi è formalmente autonomo, non vincolato per oggetti, per procedure né per agenti di contrattazione.
La centralizzazione e gli accordi triangolari
La seconda metà degli anni ’70 è caratterizzata dal peso crescente della crisi economica sull’azione sindacale; questa situazione sfavorevole non comporta un crollo del potere sindacale, ma altera gli equilibri contrattuali. Prevalgono tendenze all’assestamento di istituti già regolati, nell’area dei diritti sindacali, mentre si ricercano contenuti contrattuali nuovi di controllo sulle scelte economiche e di impresa, diretti a risolvere i problemi dell’occupazione e della produttività.
Sempre più marcata la pressione da parte degli imprenditori e poi anche del governo per il contenimento del costo del lavoro e la riduzione della dinamica della scala mobile.
Vi è una tendenza alla ricentralizzazione della struttura contrattuale, tendenza alla quale se ne ricollega un’altra, quella dell’intervento diretto del potere pubblico nella contrattazione centralizzata, che arriva ad assumere carattere triangolare e che si collega a tematiche di diretto rilievo politico-economico.
Gli anni ’80: nuovo decentramento o riequilibrio?
Dall’inizio degli anni ’80 anche la struttura e i contenuti della contrattazione collettiva hanno subito forti sollecitazioni al cambiamento per le seguenti ragioni: la rinnovata, ancorché fragile, ripresa economica, dopo la ristrutturazione, e soprattutto la rapidissima innovazione tecnologica.
La spinta più netta in tutti i paesi industrializzati è verso il decentramento della contrattazione, che trova le proprie motivazioni nelle:
1) crescenti difficoltà della contrattazione interconfederale;
2) perdita di rilievo e di contenuti innovativi della contrattazione di categoria, con blocchi o gravi ostacoli nei rinnovi contrattuali;
3) (ri)emersione di una contrattazione aziendale o infra-aziendale non coordinata dal centro.
Variazioni nelle altre dimensioni della struttura contrattuale: estensione (= grado di copertura della contrattazione) – incisività – grado di innovazione dei contenuti contrattuali.
Gli anni ’90: riaccentramento e razionalizzazione del sistema contrattuale
Negli anni ’90 (periodo della cosiddetta “riregolazione del rapporto di lavoro”) il sistema contrattuale è investito dall’urgenza del risanamento e della stabilizzazione economica: le pressanti esigenze del risanamento convivono peraltro con le richieste di competitività e flessibilità emerse e tutt’altro che esaurite nel periodo precedente: da qui le persistenti spinte al decentramento. Lo Stato interviene sul conflitto in modo sempre più massiccio, anche se ben attento a non espropriare il sindacato delle funzioni protette ai sensi dell’art. 39 Cost. , 1° comma. Si afferma un nuovo ruolo della contrattazione interconfederale: quello di strumento politico di soluzione di problemi, a cominciare dalla lotta all’inflazione e al controllo del costo del lavoro, che riguardano l’intero mondo del lavoro ed i suoi rapporti con il mondo dell’economia e della finanza. Il nuovo processo di riaccentramento, abbandonate le finalità difensive promosse dall’art. 19 St. lav. , trova la propria ragion d’essere nel Protocollo del 23 luglio 1993, ispirato dalla consapevolezza che solo un controllo centrale sulla contrattazione collettiva congiunto ad un analogo controllo sulla politica salariale è in grado di rendere un sistema di relazioni industriali responsabile e al tempo stesso efficiente. Soprattutto, questo accordo è il primo serio tentativo di razionalizzazione del sistema di contrattazione collettiva; nel dettaglio:
A) Sono previsti 2 livelli di contrattazione, quello nazionale di categoria e quello aziendale, tra loro collegarti in modo tale che gli ambiti, i tempi, le modalità di articolazione, le materie e gli istituti del secondo sono predeterminati dal primo.
B) Durata dei contratti predeterminata: 4 anni per la parte normativa del CCNL e per il contratto aziendale; 2 anni per la parte retributiva del CCNL.
C) Introduzione di scansioni temporali per l’apertura delle trattative ai fini dei rinnovi dei contratti.
D) Le RSU sono riconosciute come “rappresentanza sindacale aziendale unitaria nelle singole unità produttive”, e investite della “legittimazione a negoziare al secondo livello le materie oggetto di rinvio da parte del contratto nazionale di categoria”.